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«Abbiamo appena incontrato assieme al ministro dell’Innovazione, Paola Pisano, un imprenditore: ci ha raccontato che ha iniziato 30 anni fa a produrre quei tamponi oggi così utilizzati, ma chi ha iniziato con lui ora ne vende milioni in Corea e Germania, mentre qui non ha avuto sostegno per raccoglierne i frutti industriali. Questa è una perdita per il Veneto e il Paese». Enrico Cappelletti, candidato governatore dei 5Stelle, era col ministro al parco tecnologico Vega di Marghera.

Che clima c’è tra imprenditori?
Le idee sono una più innovativa dell’altra: abbiamo parlato ad esempio di servizi inediti per il turismo. Il futuro del Veneto deve passare dall’innovazione tecnologica e la creatività. Bisogna lavorare alle priorità, e questa lo è, mentre qui in 50 anni si è pensato a costruire capannoni e altro. E si sono persi talenti straordinari: ci sono esempi di aziende nate e cresciute qui ma poi acquisite da colossi esteri.

Per gli elettori voi 5Stelle eravate la forza di rottura, di protesta. Ora siete in campagna elettorale come forza di Governo: cambia?

C’è un po’ di disorientamento nell’elettorato, è vero, ma non certo da parte nostra: abbiamo seguito una linea molto coerente di condivisione delle scelte maturate a livello nazionale, dove io ho avuto modo di collaborare con Vito Crimi. A livello veneto però ci sono scelte politiche su cui i 5Stelle non transigono.

Cosa ritenete inaccettabile?
L’inceneritore di Fusina, ad esempio: siamo da sempre contro i nuovi forni per rifiuti. E poi la Pedemontana veneta con la sciagurata scelta di realizzarla in project financing, con 10 miliardi sprecati rispetto a quelli che potevano essere i reali costi di costruzione e manutenzione per 39 anni. E poi la legge di Zaia di far crescere di 10 unità il numero di assessori regionali (potranno essere nominarli tutti esterni rispetto al Consiglio).

La Pedemontana però è un’opera attesa da decenni.
La chiedeva anche il M5s. Ma si poteva fare e gestire con 3-4 miliardi e invece se ne spendono 13. Il Mose con 5-6 miliardi di costo è un caos nazionale, di questa si tace.

Il male non sta forse all’origine, nel bando e il progetto?
Sì, ma al governo del Veneto c’era anche la Lega, nel 2005-2010. Penso sia stato fatto tutto per giungere a un project financing. Si poteva con un miliardo fare la Spresiano-Bassano, e poi farla sboccare sulla Valdastico.

In quell’epoca, “forzista” più che “leghista”, i tecnici spiegavano che la Pedemontana serviva a by-passare la strettoia dell’A4 ad Altavilla, non ampliabile.
Ma il traffico che viene preso da Pedemontana non è nuovo, non è in più: è lo stesso che oggi da Treviso va a Mestre e poi percorre l’A4.

Siamo in una terra in cui si trovano spesso rifiuti lasciati illegalmente sottoterra o nascosti: avere impianti e inceneritori qui non sarebbe uno sbocco più limpido?
Questo discorso sarebbe stato condivisibile 50 anni fa, ma oggi ci sono altre possibilità anche tecnologiche: dobbiamo ridurre alla base la generazione di rifiuti e per questo va resa difficile la vita a chi li produce.

Rivendicate anche la questione del fondo per i truffati delle banche, ma a che punto è?
Proprio in questi giorni ho sentito il sottosegretario Villarosa, dopo aver incontrato un gruppo di risparmiatori truffati. Posso riferire che l’erogazione degli indennizzi non potrà che iniziare a breve. Ma non si può metterci sullo stesso piano di altri partiti.

Sullo stesso piano di chi?
Mi sono battuto dall’inizio per l’indennizzo ai truffati delle banche venete, chiamando in causa anche Banca d’Italia e Consob: siamo riusciti a convincere tutti e si è giunti a stabilire l’indennizzo. E ci ritroviamo sullo stesso piano di chi era all’assemblea di Veneto banca a dire di votare sì alle proposte del Cda? Io ho fatto l’esposto alla Procura, e ne è nata l’inchiesta, il mio famoso competitor diceva di sostenere i vertici della banca.

Si riferisce a Zaia?
L’hanno riportato tutti i giornali. Anche se è vero che noi con la Lega avevamo raggiunto un accordo basato però sulla nostra proposta: soldi di indennizzo, non sconti fiscali. La procedura poi ha avuto intoppi burocratici, ma sarebbe successo a qualsiasi governo: l’impegno M5s è che adesso gli indennizzi iniziano.

I sondaggi sono per Zaia: come mai, pur essendo insieme al governo, non avete cercato un patto col Pd per unire le forze?
In Veneto ci sono questioni concrete che ci tengono distanti. A livello romano questo è stato superato e si lavora ogni giorno su risultati concreti. Ma qui noi ci opponiamo all’inceneritore e i sindaci del Pd invece sono d’accordo.

E intese con Lorenzoni?
Ma con lui c’è il Pd. E se proponiamo un referendum sui 10 assessori esterni voluti per la Regione Veneto da Zaia e Lega, cioè 10 poltrone in più con costi per 7 milioni, il Pd non può rifiutare le firme dei consiglieri che erano necessarie per fare la consultazione.

Il bilancio della Regione è soprattutto per la sanità: cosa non va e cosa propone?
Siamo su tutti i giornali per un caso terribile di malasanità come quello del Citrobacter a Verona. E ho incontrato maestranze dell’ospedale di Asiago preoccupate per l’ipotesi di chiusura, come sono preoccupati ad Agordo, Pieve di Cadore, o Castelfranco. Si smantella un servizio dopo l’altro. I presidi sanitari, anche periferici, vanno tutelati. E va fatto uno studio epidemiologico preciso sui nessi tra malattie specifiche e il territorio in cui si registrano.

Ha attaccato la Lega anche sul caso dei tre amministratori regionali che avevano chiesto il bonus Covid.
Senza la protesta dei 5Stelle sarebbero stati ricandidati, invece è stata fatta la scelta giusta. Un pochino alla volta stiamo cambiando la cultura di questo Paese.

Fonte:Il Giornale di Vicenza, 08/09/2020

«Persone normali e oneste: laureati, professionisti, impiegati, anche gente che magari ha iniziato a lavorare a 15 anni. Perché in Consiglio regionale vogliamo portare la cultura del lavoro: i politici di professione o quelli che non hanno la fedina penale pulita, li lasciamo agli altri partiti». Il candidato presidente Enrico Cappelletti presenta così gli aspiranti consiglieri che affiancheranno il suo nome nella circoscrizione di Treviso alle prossime elezioni regionali. I pentastellati sono i primi tra la forze in campo ad ufficializzare i propri portacolori in corsa per palazzo Ferro Fini. Nel listino della Marca, oltre allo stesso Cappelletti (52 anni, padovano di nascita, ma da tempo residente a Crespano del Grappa, già senatore nella scorsa legislatura), saranno in sette.

IL VOLTO NOTO

Il volto più noto, non fosse altro perché consigliere regionale uscente è Simone Scarabel, originario di Maserada, ma stabilitosi ad Oderzo. Incarico istituzionale anche per Valentina Borin, consigliere al Comune di Salgareda. E poi, in ordine alfabetico, Daniela Bolzan (di Pieve di Soligo), Daniele Facco (Resana), Maurizio Mestriner (Ponzano Veneto), Rosa Poloni (Montebelluna), Gemma Savastano (Treviso). Per tutti il richiamo ai punti chiave del programma e ad alcuni temi fondanti del Movimento: l’attenzione all’ambiente, l’economia verde e le nuove tecnologie come leva di sviluppo e occupazione, la difesa di una sanità «che sta sempre più scivolando verso i privati». Unanime anche la consapevolezza che li attende una sfida improba, in un territorio in cui Luca Zaia e la Lega sono accreditati di un consenso bulgaro.

I TEMI

Ma pure la volontà di dimostrare che «al di là dell’abilità comunicativa del governatore», in Veneto non tutto funziona come dovrebbe. A partire dal simbolo Pedemontana «la cui concessione finirà per costare ai cittadini 1.500 euro al metro, contro i 350 delle autostrade», come rimarca Scarabel. Cappelletti rivendica la scelta di correre da soli («un’attestazione di coerenza, anche verso noi stessi, essendo un soggetto politico alternativo agli altri schieramenti») e l’aver rifiutato pluricandidature in più province. E guarda all’ampia platea degli astenuti: «Quasi uno su due, nella scorsa tornata, che non voterebbe Zaia neppure con la pistola alla tempia, ma, va ricordato, non si fida neppure delle opposizioni. Se riusciremo a convincere costoro, allora il risultato di queste elezioni è tutto da scrivere». A tenere a battesimo la squadra, ieri a Palazzo Rinaldi, sono arrivati la senatrice mestrina Orietta Vanin e il bellunese Federico D’Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento: «I sondaggi ci danno sfavoriti? – sottolinea quest’ultimo – Noi rispondiamo con i fatti: con l’aiuto alle 335mila partite Iva e lavoratori autonomi, con le 70mila richieste evase per risorse a fondo perduto alle nostre pmi: 272 milioni di euro per il Veneto, con gli oltre 5 miliardi di euro di liquidità per le aziende venete. Il Veneto oggi è visto come una città murata, dobbiamo tornare ad essere la locomotiva capace di trainare il paese fuori dalla palude del Covid».

Fonte: Gazzettino di Treviso del 12/07/2020 di Mattia Zanardo

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Ad aprile, nel mezzo della pandemia, la denuncia di responsabilità della Regione Veneto nel non aver fermato l’inquinamento della Miteni da Pfas di seconda generazione era passata quasi inosservata. Siccome in due mesi e mezzo la Regione non ha risposto, il Movimento Cinquestelle è tornato all’assalto ribadendo le accuse per la gravissima alterazione delle falde, che – a partire dall’azienda di Trissino ora sotto processo – interessa almeno 300mila cittadini e quattro province venete, Vicenza, Verona, Padova e Venezia.

Nel mirino ci sono GenX e C6O4 prodotti dalla Miteni dal 2013 al 2018 e scoperti nelle acque solo due anni fa dall’Arpav. Dopo le diffide della Provincia di Vicenza, la Miteni aveva interrotto la produzione. Ma era dal 2014 che la Regione aveva rilasciata (dopo un’istruttoria di 16 mesi) l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per la lavorazione di un rifiuto pericoloso contenente GenX, che negli anni successivi sarebbe stato conferito dalla ditta olandese Chemours per un totale di 300 tonnellate. Proprio il GenX sarebbe il sostituto del Pfoa, uno dei Pfas (con numerose applicazioni industriali) che Miteni aveva terminato di produrre nel 2013. Ma Arpav aveva scoperto l’inquinamento da GenX solo nel luglio 2018, dopo che il Ministero dell’Ambiente olandese aveva invitato a verificare la lavorazione della Miteni.

Cinquestelle avevano chiesto come fosse possibile che nessuno se ne fosse accorto prima e chiedevano a che punto fosse la bonifica del sito Miteni, iniziata ormai nel 2013 e non ancora conclusa, sia per quanto riguarda la messa in sicurezza, che la caratterizzazione dell’area, ovvero l’acquisizione di dati attraverso carotaggi.

In assenza di risposte, il candidato presidente regionale, Enrico Cappelletti, ex senatore, ha convocato una nuova conferenza stampa, lanciando la sfida al governatore leghista. “Luca Zaia ha dimostrato che sul tema Pfas non vuol rispondere, come se non stessimo parlando del caso di inquinamento più grave non solo in Italia, ma in Europa, che coinvolge un’area grande come il lago di Garda. Eppure le risposte da dare ai cittadini non sono tante. A che punto è la messa in sicurezza dello stabilimento? Ci sono progetti di bonifica reali? Perché la Regione autorizzò la sintesi della molecola GenX da parte di un’industria già attenzionata, mentre erano già in atto denunce pubbliche, interrogazioni parlamentari ed esposti in Procura? Perché non è stato applicato il Piano regionale di Tutela delle Acque, che dal 2017 prevede la rimozione degli impianti potenzialmente inquinanti in vicinanza di una fonte acquifera?”.

Conclusione di Cappelletti: “C’e una responsabilità politica enorme se l’inquinamento è arrivato a questa portata.”

Il consigliere uscente Manuel Brusco ha poi rincarato: “I lavori di bonifica dell’area Miteni sono rimasti fermi a causa dell’emergenza Covid, mentre i cantieri della vicina Pedemontana Veneta non si sono interrotti. Che fine hanno fatto i 7000 carotaggi annunciati da Zaia, così come le azioni di bonifica?”.

Lo scorso maggio l’assessore all’ambiente Gianpaolo Bottacin aveva risposto che la denuncia dell’inquinamento era partita nel 2013 dalla Regione e non dai Cinquestelle, mentre dopo il fallimento della Miteni il Tribunale “ha assegnato con regolare asta pubblica l’area a un soggetto ben preciso, che ha il compito di procedere con la bonifica: noi rispettiamo il lavoro della magistratura e collaboriamo con essa”.

Sonia Perenzoni, candidata al consiglio regionale, ha definito “una barzelletta” il progetto di costruire un muro in cemento lungo 600 metri “che dovrebbe isolare le acque del torrente Poscola dai terreni inquinati: per dividere la falda dal terreno contaminato, è evidente che semmai va costruito un diaframma orizzontale, che separi le superfici”.

Mentre cominciava la conferenza stampa, il commissario per l’emergenza PfasNicola Dell’Acqua, ha diffuso un comunicato della Regione che si limita a rendere conto dei lavori per fornire di acqua pulita gli acquedotti attualmente inquinati dai Pfas. “Non vi sono ritardi rispetto al cronoprogramma” ha detto. Ma nulla ha replicato su bonifiche e acque avvelenate dai Pfas di seconda generazione.

Fonte: ilfattoquotidiano.it del 02/07/2020 – di Giuseppe Pietrobelli _ _

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I consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle hanno tenuto oggi una videoconferenza sull’inquinamento da Pfas, toccando anche altri temi ambientali. Simone Scarabel ha iniziato con una frecciata alle conferenze stampa del presidente Zaia, da lui definite «TeleCorea del NordEst» per poi chiedere alla Regione come mai non siano stati effettuati «monitoraggi Covid-19 nelle reti fognarie da parte del laboratorio di virologia ambientale dell’Arpav, per individuare tempestivamente nuovi focolai, metodo più economico dei tamponi» annunciando poi interrogazioni al riguardo.

Erika Baldin ha aggiunto «il 9 luglio si terrà un vertice che dovrebbe confermare l’aggiornamento tecnologico dell’impianto di Fusina (Venezia), ho sollecitato ministro Ambiente Costa, (vicino al Movimento, n.d.r.) per fermare questo progetto; a dicembre una mia mozione fu respinta anche dal PD, ho poi chiesto una petizione al Parlamento Europeo contro l’approvazione forse definitiva in commissione Via del nuovo impianto, dove verranno bruciati anche i fanghi contenenti i Pfas, Veritas non ha mai smentito. Si tratta – aggiunge la consigliera – di 30 mila tonnellate all’anno, ma “dato che non c’è una base bibliografica ampia” la commissione Via ha dato il permesso ai lavori preservandosi la possibilità di modificare l’impianto in seguito; un impianto che andrebbe ad aumentare l’inquinamento ambientale in un territorio già molto colpito» ha aggiunto Baldin.

Manuel Brusco ha riportato la conferenza sul tema Pfas: «Ci sono responsabilità politiche di chi c’era prima di Zaia ma anche di Zaia stesso sui Pfas – ha detto – perché ha cercato nella falda un Pfas di nuova generazione solo nel 2018 e solo dopo segnalazione del ministero dell’Ambiente olandese? C’è un grosso impegno della politica dal 2013, c’è l’autorizzazione nel 2014 con le prime interrogazioni in parlamento del M5S arrivando poi al processo».

Zaia secondo il Movimento non risponde sui Pfas «Non è che non risponde a noi – dice Brusco – non risponde ai migliaia di veneti coinvolti, Bottacin risponderà spostando l’argomento su altri fronti, ma la domanda è specifica, su GenX e C604 che non sono stati protocollati e sulle nuove autorizzazioni, voglio sentire la voce del padrone non di Bottacin. Zaia – aggiunge Brusco – ha governato 10 anni e visti i sondaggi lo farà per i prossimi 5, dal 2014 esiste la cosiddetta carta d’identità dei Pfas di nuova generazione, la nuova proprietà che ha rilevato Miteni ha fatto fare analisi ad aziende esterne e non ha dato risposte».

Brusco ha toccato anche la questione della bonifica: «Non è vero che si è interrotta per l’emergenza Coronavirus, i lavori per la costruzione della Pedemontana Veneta non si sono fermati neanche durante il lockdown, come e in che tempi Zaia intende finire la bonifica?».

Sonia Perenzoni ha aggiunto che «Attualmente non stanno facendo alcuna bonifica, fra 100 anni l’acqua potrebbe tornare ad essere pulita, se mettessimo in sicurezza la falda, stanno costruendo un muro che non impedisce alla falda di inquinare, noi chiediamo una mappa interattiva per monitorare i carotaggi e dimostrare se effettivamente vengono fatti; l’impianto va smantellato; serve un cronoprogramma».

Enrico Cappelletti, candidato governatore del Movimento, fa il punto della situazione: «Zaia non vuole rispondere, rimanda tutto a Bottacin, le poche cose che ha detto sono insufficienti; ma ci sono 300 mila cittadini coinvolti, le nostre sono poche domande ma chiare, se stanno facendo la bonifica, come procede, perché non hanno parlato prima sul GenX, perché non è stata rimossa la fonte dell’inquinamento. La commissione tecnica Pfas del direttore generale della Sanità veneta nel 2016 chiedeva che venisse rimossa e spostata la sede produttiva della Miteni, ma è rimasto inascoltato; la Regione non è responsabile dell’inquinamento, ma della sua portata, se fossi io presidente informerei i cittadini sul procedimento della messa in sicurezza, inizierei con un progetto dell’attività di bonifica, altrimenti non risolveremo mai il problema; dove troviamo le risorse? Per la Pedemontana le hanno trovate – aggiunge Cappelletti -. C’è una nuova giurisprudenza che può annullare i contratti derivati, in Veneto stipulati da 16 enti locali, si potrebbero risparmiare almeno 50 milioni di euro».

Jacopo Berti, candidato presidente nel 2015,  a tal proposito ha aggiunto: «Siamo stati i primi a sollevare la questione dei contratti derivati”.». 

Cappelletti infine bacchetta un po’ le altre opposizioni: «Se non solleviamo noi il problema Pfas non lo fa nessuno».

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Nessun taglio del nastro e brindisi con il Prosecco per il secondo tratto della Pedemontana veneta. Il low profile scelto dal presidente Zaia ha evitato il confronto con il ministro delle Infrastrutture De Micheli, alle prese con il dossier Autostrade-Atlantia dopo il disastro di Genova.

Il governatore ha annunciato che nel giro di qualche mese apriranno altri tratti in direzione Bassano e poi tra Montecchio e Castelgomberto. Restano due grandi incognite: la galleria di Malo e il raccordo con la A4 a Montecchio, subordinata all’intesa con RfI per l’alta velocità, questione sul tavolo del ministro De Micheli che divide Pd e M5S a Roma.

A Vicenza fa discutere invece il caro-pedaggi. I 12 chilometri tra Malo e Breganze costano 2,2 euro per un’auto, pari a 18 centesimi al chilometro. La tariffa aumenta in base al peso del veicolo. Nella classe successiva si passa a 22 centesimi, poi a 35 e infine per gli autoarticolati si sale a 43 centesimi. Ciò significa che un autotreno dovrebbe pagare 5 euro per quei 12 km. Certo, a Breganze, Schio, Thiene e Malo non vedono l’ora di uscire dal caos della “Gasparona” ma il portafogli piange. A far di conto si è messo Antonio Guadagnini, consigliere regionale e candidato presidente con il Partito dei Veneti, secondo cui sulla A4 Padova-Brescia lo stesso camion paga meno di 2 euro per quei benedetti 12 km. Un’automobile appena 83 centesimi.

I pedaggi della A4 sono meno della metà di quelli della Pedemontana che invece risultano in linea con quelli del Passante di Mestre, gestiti in house da Cav, la holding che tenta inutilmente alleanze con Friuli e Trentino.

Perché questa differenza? Il motivo è chiaro: «La Pedemontana a fronte di un costo di realizzazione di 2,3 miliardi, sarà pagata dalla Regione 12,1 miliardi nell’arco di 39 anni. Soldi da versare al concessionario Sis Dogliano, con la finanza di progetto che ha imposto pedaggi altissimi. La strada dovrà essere attraversata da 40 mila auto e 12 mila camion al giorno per far tornare i conti, ma se i ricavi da pedaggi saranno inferiori al canone di concessione, sarà la Regione a saldare la differenza. E dove li trova i soldi? È probabile che venga introdotta l’addizionale Irpef» sistiene Guadagnini.

Il quadro non è roseo per due motivi: senza il casello di raccordo con la A4 a Montecchio e la galleria di Malo quei 30 chilometri saranno a pieno regime forse fra 3-4 anni. Se l’obiettivo della Pedemontana è spostare il traffico pesante dalla A4 Serenissima verso Nord per raggiungere poi il Friuli, bisogna prima realizzare il tratto Cimpello-Sequals: senza quei 20 km non si arriva al Tarvisio. Questione sul tavolo di Autovie.era meglio un mutuoCome se ne esce? Guadagnini lancia un appello al governo perché sterilizzi Iva e Irap: «Quei 12,5 miliardi sono così suddivisi: 2,5 valore netto dell’opera; 2,5 di Iva e 7,5 miliardi di utile netto ante-imposta per la Sis di Dogliani che diventano 5 pagate Irpeg e Irap. In consiglio regionale ho spiegato che c’era un’altra soluzione: sottoscrivere un mutuo con la Bei a tasso zero. Ce la saremmo cavata con 4 miliardi con un mutuo di 40 anni, invece hanno scelto il project e ci dissangueremo. Chi abita a Bassano non spenderà certo 8 euro al giorno per andare e tornare da Thiene a Schio, anche perché c’era l’impegno di far viaggiare gratis i residenti» conclude Guadagnini.

I GRILLINI ALL’ATTACCO

Nemici storici della Pedemontana sono i grillini, e il candidato presidente Enrico Cappelletti va all’attacco: «In realtà l’opera costerà 12,1 miliardi per il canone di disponibilità, oltre ai 915 milioni di euro pubblici già stanziati. Il totale fa 13 miliardi. Vero è che la cifra comprende i costi di gestione e manutenzione per i 30 anni di concessione, ma non basta a consolarsi. Si sta scivolando verso il 2023 e attendiamo fiduciosi la corrispondente riduzione della durata della concessione, alla luce del fatto che l’opera avrebbe dovuto essere conclusa nel 2018», conclude Cappelletti.

Fonte: Mattino di Padova del 21/06/2020 – di Albino Salmaso

Il tono quasi sommesso tradisce la stanchezza di una campagna elettorale anomala ma attesta anche il carattere dell’uomo. Enrico Cappelletti, candidato presidente alle prossime Regionali con il M5s, non ha le note alte di certa «indignazione pentastellata». Preferisce macinare numeri e statistiche a sostegno di una tesi. Propone spesso qualche esempio «per andare sul concreto» e, al netto della compostezza dei modi, si presenta monolitico (e orgoglioso) rappresentante di una «terza via» fra destra e sinistra, fra Lega e Pd (e pazienza per l’alleanza governativa).

L’ultima battaglia consumatasi sui banchi dell’opposizione fra 5s e Pd è stata sull’inceneritore Veritas di Fusina. Se a Roma si governa insieme sembra che qui non ci sia margine…

«Purtroppo qui la situazione è ancora immatura. Mentre a Roma si è detto, data la legge elettorale con cui dobbiamo fare i conti, disponibili a governare con chi condivide i punti programmatici, qui in Veneto non c’è condivisione. L’inceneritore che insiste su un territorio che ha già pagato un prezzo molto alto a livello di inquinamento è un buon esempio. Non solo il Pd a palazzo Ferro Fini non ha votato la nostra mozione ma i sindaci dem della zona hanno sostenuto l’ampliamento dell’impianto. La nostra era una proposta alternativa che puntava al riciclo spinto con ottime ricadute occupazionali oltre che ambientali. Ma è solo l’ultimo di una serie di esempi. Rispetto al Pd sulle questioni vere e concrete siamo ancora distanti. Un altro tema su tutti, l’aumento stellare del costo della Pedemontana».

Per lei, per voi, la Pedemontana è la bestia nera…

«Certo che sì, parliamo di un’opera faraonica su cui, mi si conceda di dirlo papale papale, si buttano nel cesso dieci miliardi di euro dei cittadini. L’opposizione dovrebbe sottolineare aspetti macroscopici come questi e invece, anche qui, l’opposizione del Pd non c’è».

Zaia ha ribadito che si è ritrovato un’opera bloccata che ora è in dirittura d’arrivo…

«Contesto a Zaia la narrazione secondo cui si sarebbe ritrovato a gestire qualcosa di irreversibile. Nella giunta che ha orchestrato questa fregatura ai danni dei veneti lui c’era ed era presidente quando il Veneto avrebbe potuto rescindere il contratto dopo 4 anni a cantieri fermi. Non a caso né Cdp né la Bei avevano accettato di finanziare l’opera. Tutto è cambiato quando la Regione si è accollata il rischio basandosi su flussi di traffico, uso un eufemismo? a dir poco ottimistici. La cifra dell’amministrazione della maggioranza uscente è la cementificazione selvaggia».

Però è stata varata la legge contro il consumo di suolo…

«Sì, la legge è del 2017. Però, permette? Partiamo dai numeri. L’Ispra ogni anno compila la classifica delle regioni più o meno virtuose sul fronte del consumo di suolo. Bene, nel 2018 il Veneto era maglia nera in Italia registrando un impressionante +50% sulla Lombardia e, non bastasse, il triste primato veneto di prima regione per consumo di suolo è stato confermato dall’Ispra anche nel 2019. Perché? Perché questa maggioranza ha continuato con le scorciatoie: prendo un campo di pannocchie che vale un euro, concedo di costruirci un capannone che al 90% resterà vuoto ma intanto ho “valorizzato” il terreno che ora vale 20. Una mentalità che andava bene 60 anni fa. Il risultato è che ogni giorno facciamo la conta dei danni: Mestrino, Schio, Arzignano, Castelfranco, Verona, Venezia. Ogni santo giorno finisce sott’acqua un pezzetto di Veneto e la colpa, oltre che dei cambiamenti climatici, è dell’impermeabilizzazione record della nostra terra. Un combinato disposto letale».

Libro dei sogni, diventasse governatore: primo atto ufficiale?

«Partirei dal superbonus 110%. I tre caposaldi del nostro programma per il Veneto sono lavoro, salute e ambiente. Se fossi governatore creerei le premesse perché le aziende venete fossero messe nelle condizioni di partecipare a questa opportunità che è win-win. Vincono le famiglie che svecchiano la loro casa (in Veneto il 70% delle abitazioni ha più di 50 anni) abbassando drasticamente le emissioni e creando 50 mila posti di lavoro. È la “legge dei sogni” ma il punto debole è il finanziamento delle aziende artigiane che dovranno anticipare cifre consistenti prima della cessione del credito. Un conto è negoziare uno per volta con le banche. Un conto è se questo ruolo di negoziazione fosse interpretato dalla Regione raccogliendo insieme le necessità di molte imprese».

I sondaggi lasciano poco spazio al libro dei sogni, Zaia pare vincerà con percentuali bulgare. Previsioni fosche per il Pd ma anche per il M5s…

«È una questione di narrazione, di storytelling che falsa la realtà in cui viviamo. 20 anni fa, quando Zaia metteva piede in Regione eravamo davvero la locomotiva d’Italia, ora abbiamo un pil, un prodotto pro capite e un export inferiore all’Emilia e fra le regioni del centro-nord siamo quella con più cittadini a rischio povertà ed emarginazione sociale secondo l’Istat».


Fonte: Corriere del Veneto Treviso e Belluno, 10/09/2020

“È bellissima, soltanto un pò cara, sarà sicuramente dorata”Viandante sulla Pedemontana Veneta, appena saputo che il tratto appena percorso (7 km) costerà ai veneti un miliardo di euro💸

La Pedemontana Veneta è la maggiore opera attualmente in costruzione in Italia. Collegherà la A4 da Montecchio Maggiore (VI) alla A27 fino a Spresiano (TV). In totale sviluppa 95 chilometri.
Il Movimento 5 Stelle si é posto da sempre questi obiettivi:
1️⃣ fare chiarezza e trasparenza sul progetto, la cui valenza economica è stata per anni secretata.
2️⃣ proporre un progetto alternativo, molto meno costoso ed impattante per l’ambiente.

❗️Zaia ha nascosto per anni che un’opera da poco più di 2 miliardi di euro verrà nei fatti fatta pagare ai cittadini in tasse, imposte e pedaggi oltre 13 miliardi di euro + iva❗️

Per molti anni le convenzioni economiche sono state infatti sottratte alla conoscibilità pubblica (è solo grazie al fatto che avessero dimenticato il codice identificativo del notaio che ha registrato l’atto, che siamo riusciti ad estrarne copia).
Si dice che il costo spropositato sia giustificato dall’apporto di capitale e dal lavoro dei privati, trattandosi di progetto di finanza. Per Salvini è addirittura un esempio da replicare in tutta Italia. È vero l’esatto contrario.

Guardando al progetto emerge infatti che:
1️⃣ per far lievitare i costi e rendere obbligato il ricorso al project financing, lungo il tragitto della Pedemontana non é stata utilizzata, adattandola, la viabilità esistente, al contrario é stata in parte distrutta, per obbligare i residenti ad imboccare la strada a pedaggio anche per brevi tratti.

2️⃣ per circa un terzo del suo percorso Pedemontana, che poggia sulla dichiarazione di emergenza traffico, corre lungo un’autostrada connotata da traffico scarso (Valdastico) e non ha nulla a che fare con la fascia pedemontana.

‼️I rischi più significativi collegati alla realizzazione dell’opera fanno capo al soggetto pubblico. I guadagni faraonici (5,7 miliardi di euro), ai privati.
Le stime del traffico, elaborate da società non specializzate, sono state smentite da Cassa depositi e Prestiti e BEI.

Il concessionario con un investimento da 1 miliardo e mezzo a debito incasserà in 39 anni 13 miliardi + Iva, per questo ha ricevuto un prestigioso premio internazionale. Ai politici in Regione, per logica, va dunque riconosciuto il premio per aver stipulato il peggiore.

La Corte dei Conti ha rilevato l’estrema lentezza nella progressione dell’opera, la sovrapposizione della struttura commissariale a strutture ordinarie con aggravio di costi, le carenze progettuali, la presenza di clausole ambigue nella convenzione, i ritardi negli espropri, le clausole contrattuali favorevoli al concessionario, le rilevanti problematiche di ordine ambientale, l’aumento del costo complessivo a totale carico del pubblico.

In sintesi, sussistono criticità di ordine giuridico, progettuale, ambientale ed economico:

Di aspetti giuridici, progettuali ed ambientali magari ne parleremo un’altra volta. Parliamo di soldi. I nostri 💶

Un’opera di 95 km + 68 km. di opere complementari, che arriva a costare oltre 13 miliardi di euro (seppur incluse le spese di gestione), non ha eguali al mondo.

Per dare un’idea, solo l’inaugurazione del primo tratto di 7 Km, (Breganze – Dueville) costerà alla collettività (facendo una media sul costo totale), circa UN MILIARDO di euro (958 milioni + Iva). Esattamente il contrario di quello che dovrebbe essere un modello per realizzare un’opera pubblica.

Al contrario Pedemontana Veneta sembra un modello di sperpero di denaro pubblico che probabilmente non ha precedenti nel nostro Paese e che peserà come un macigno sui conti della Regione per le generazioni a venire.

Se i cittadini del Veneto ne avessero consapevolezza (come questa sono decine le opere-scandalo realizzate in Veneto negli ultimi 20 anni, specialmente in finanza di progetto), gli esiti di questa tornata elettorale sarebbero tutti da scrivere.

Treviso «Ormai è una partita tutta politica», sostengono con buone ragioni dalle parti di Edizione-Benetton. Se così è, la suddetta partita si sta giocando nell’assordante silenzio del partito di maggioranza molto più che relativa in Veneto, la Lega. Non un fiato. Anche Mario Conte, l’emergente sindaco leghista di Treviso – la città dei Benetton – prende tempo e preferisce non commentare. Tanto che Arturo Lorenzoni, lo sfidante di Luca Zaia per il centrosinistra alle prossime regionali, ieri è sbottato: «Quando c’è un problema, il governatore guarda altrove. Oggi ( ieri, ndr ) in conferenza stampa, alla domanda di un giornalista sulla concessione di Autostrade, ha risposto “non so nulla. Leggo dai giornali”.

La stessa risposta data sul Mose, sui Pfas, sui cantieri della Pedemontana e su molto altro. La vicenda legata alle concessioni autostradali coinvolge uno dei principali gruppi imprenditoriali della nostra regione: rispondere “non so nulla” significa non assumersi la responsabilità di una posizione».

L’unico leghista, guarda caso non veneto, a dire pubblicamente qualcosa sull’argomento è stato l’ex viceministro allo Sviluppo economico, Dario Galli, che se l’è cavata con un salomonico «noi della Lega non stiamo né con i Benetton né contro i Benetton». Salvo poi specificare: «Ma chi gestisce le autostrade non può avere il 50% di guadagno. O la Società Autostrade, con i soldi dei pedaggi, recupera il tempo perduto sulle manutenzioni, oppure, per manifesta inadempienza, gli si toglie la concessione». Non esattamente una dichiarazione di vicinanza.

Randellate su Ponzano e dintorni, come da copione politico, piovono copiose dal cielo dei 5 Stelle. L’ex senatore Enrico Cappelletti, ora candidato alla presidenza della Regione, va dritto al cuore della questione: «Non ci sono dubbi, la revoca delle concessioni autostradali deve essere fatta senza se e senza ma. I Benetton, primi azionisti di Atlantia e Aspi, hanno guadagnato miliardi di euro dei cittadini italiani, alzando i pedaggi al primo starnuto. Miliardi – affonda il colpo Cappelletti – che in parte sono serviti anche a finanziare la politica, e questo forse spiega più di ogni altra cosa le molte resistenze che ha incontrato il M5S nel revocare loro la concessione. I Benetton hanno sempre goduto di un grande sostegno da parte delle forze politiche, il “salva-Benetton”, votato sconsideratamente anche dalla Lega, sta lì a dimostrarlo». La chiusa è un invito alla massima trasparenza: «Siano resi pubblici i nomi dei ministri – reclama Cappelletti – che eventualmente si opporranno alla revoca, perché i morti del Ponte Morandi reclamano giustizia. Adesso i Benetton si mettano l’anima in pace, cedano le loro quote e la smettano di sottrarsi alle loro responsabilità».

Più prudente è la valutazione nel merito di Lorenzoni: «Sulla vicenda Aspi, ma vale per tutte le concessioni, sono convinto che il principale compito dello Stato sia esercitare le funzioni di controllo. Entrare nella proprietà non garantisce di per sé la sicurezza né l’economicità – come il restarne fuori, d’altronde. Ciò che deve cambiare in modo netto è la reale capacità di controllo dello Stato».

Fonte: Corriere del Veneto del 14/07/2020 di Alessandro Zuin

«La mia battaglia in Regione sarà contro la nuova linea del tram, è inutile».

L’ex candidato sindaco pentastellato Simone Borile vuole portare anche a Venezia la sua crociata contro il Sir 3. Il no senza se e senza ma alla nuova linea tramviaria, uno dei fiori all’occhiello del candidato governatore del centrosinistra Arturo Lorenzoni è, infatti, parte integrante del programma con cui Borile si presenterà agli elettori alle prossime regionali.

L’ex capogruppo grillino, così, ieri mattina, in sala Anziani di palazzo Moroni, ha partecipato alla presentazione della squadra grillina padovana di cui fanno parte anche il capolista Flavio Pinton, Barbara Scianammea, Giorgio Burlini, Daniano Biasiolo, Maritza Escobar e Alessandro Abbaticola.

Assieme a loro sono intervenuti il candidato governatore Enrico Cappelletti, il capogruppo in Regione Jacopo Berti, i parlamentari Orietta Vanin e Giovanni Endrizzi e il capogruppo a palazzo Moroni Giacomo Cusumano.

«Dopo 5 anni lascio il testimone e lo lascio in buone mani ha spiegato nel suo intervento Berti Peccato che dal 2015 sia cambiato ben poco in Veneto. Come 5 anni fa si sta parlando dell’ampliamento dell’ospedale e delle retribuzioni dei medici».

«In tanti in questi giorni mi chiedono perché non ci siamo alleati con il centrosinistra – ha aggiunto Cappelletti la risposta è molto semplice. La nostra gente ci dice che dobbiamo di tornare alle origini, che dobbiamo portare avanti le nostre battaglie».

La parola è poi passata a Borile. «Se sarò eletto, mi impegnerò in primo luogo sul fronte dell’ambiente. Non bisogna dimenticare, infatti, che il Veneto è la regione del disastro Miteni dove 150 mila persone devono fare i conti con le acque inquinate dai Pfas». «Ci sarà molto da lavorare anche sul trasporto pubblico ha aggiunto Il Piano del trasporto pubblico regionale è del dopoguerra. Ci sarà poi da fare una riflessione sulla Pedemontana che costa 100 milioni di euro al chilometro. Con quella cifra si possono mettere in sicurezza 40 scuole».

A Venezia porterò anche il mio impegno contro la nuova linea tramviaria che l’amministrazione Giordani vuole realizzare. Io credo che questo progetto non sia la soluzione più adatta per dare una risposta sul fronte della mobilità a una regione che ambisce ad essere una locomotiva a livello internazionale per quel che riguarda lo sviluppo ecosostenibile». «Vanno supportate le nostre aziende che, negli ultimi 4 mesi hanno sofferto moltissimo ha concluso peccato che Zaia sul loro destino non abbia speso neppure una parola».

La parola è poi passata a Pinton che, tra le altre cose, è stato anche candidato sindaco, nel 2013 a Mestrino. «Come prima cosa vorrei specificare che io sono il capolista, non per indicazioni arrivate dalla segreteria, ma perché a deciderlo sono stati i nostri attivisti. Nella mia vita professionale mi sono occupato del settore immobiliare e anche della realizzazione di grandi strutture del commercio ha concluso Anche per questo sono molto sensibile sui temi che riguardano l’ambiente e la tutela del territorio».

Fonte: Gazzettino di Padova del 05/07/2020 di Alberto Rodighiero

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«L’onestà deve essere un valore in Regione: tutti i candidati dovrebbero esibire la fedina penale», così ha esordito il candidato presidente per i Cinque Stelle alle prossime elezioni“

Presentato ufficialmente la mattina di sabato 27 giugno a Mestre il candidato del Movimento 5 Stelle che sfiderà il governatore uscente Luca Zaia alle prossime elezioni regionali, in programma il prossimo 20 e 21 settembre. Si tratta di Enrico Cappelletti, imprenditore e già senatore nella passata legislatura, viene descritto come una «persona di grandissima esperienza che ha portato avanti grandi battaglie per il M5S all’interno del territorio del Veneto».

Il motto d’esordio di Cappelletti durante la presentazione a Mestre per il lancio della campagna elettorale pentastellata è stato in sintonia con gli esordi del movimento, una sorta di ritorno alle origini: «L’onestà deve essere un valore in Regione: tutti i candidati dovrebbero esibire la fedina penale», ha dichiarato Enrico Cappelletti.

Il candidato alla Regione per il M5S, durante la presentazione ufficiale, ha quindi ribaltato nel complesso la narrazione politica del presidente Zaia che dura da ormai dieci anni, all’incirca su tutti i temi più caldi: dal Mose definito da Cappelletti il «marchio d’infamia del Veneto», alla Pedemontana che «costa troppo», alla questione molto sentita delle banche venete e, ancora, il candidato del M5S ha riservato un duro attacco sulla gestione da parte della Regione Veneto del «più grande inquinamento d’Europa da Pfas».

Presente per l’occasione anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, il quale ha dichiarato: «Il Veneto oggi è una regione trainante del Paese ma che ha grandi potenzialità ancora non sfruttate, per colpa di una mancanza di visione complessiva. Noi vogliamo un Veneto aperto, proiettato verso i mercati internazionali, che abbia come valori fondanti la sostenibilità ambientale, lo scambio culturale, l’innovazione tecnologica. Tutti valori che Enrico (Cappelletti ndr) conosce bene e sui quali, sono sicuro, baserà la sua attività e la sua azione politica».

Fonte: veronasera.it del 30/06/2020

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Cappelletti presenta la sua candidatura: «Esibiamo tutti la fedina penale»

«L’onestà deve essere un valore in Regione: tutti i candidati dovrebbero esibire la fedina penale». Si presenta così Enrico Cappelletti, alfiere del Movimento Cinque Stelle alle elezioni del prossimo 20 e 21 settembre contro il presidente uscente Luca Zaia.

La cornice è quella dell’Hotel Ambasciatori di Mestre, uno dei templi della Prima Repubblica, moquette a terra e sedie in velluto, e anche il lessico in sala, sebbene non ci riporti agli anni Ottanta, suona comunque un po’ retrò, per ciò che nel frattempo è diventato il Movimento, forza di governo con la Lega prima e il Pd ora: onestà, appunto, come nelle piazze del 2014, ma anche No Pedemontana, No Pfas, No project financing, No derivati. Il Mose? «Fosse stato per noi sarebbe stato un no – dice Cappelletti – ma a questo punto sarebbe irresponsabile fermarlo, quindi si facciano almeno le opere di compensazione ambientale». E il ministro per i Rapporti con il parlamento, Federico D’Incà, seduto accanto a lui conferma: «Il 10 luglio, alla prova generale, io ci sarò. Il passato ha portato con sé corruzione, soldi sperperati ma noi vogliamo che le opere funzionino, è il nostro compito».

Ecco, l’impressione che se ne ricava, da questa presentazione, è quella di un ritorno alle origini per i Cinque Stelle del Veneto, che anche per questo hanno pervicacemente insistito nel non allearsi col Pd, ma temperato da un pragmatismo derivato dall’esperienza. Anche il no alla Pedemontana, per 5 anni cavallo di battaglia dell’opposizione a Zaia, ora suona temperato: «Io non ho mai detto che non serve – precisa Cappelletti – ma non andava fatta in questo modo, con un project che farà buttare ai veneti 14 miliardi, quando l’opera ne costa 2,5». Va rinegoziato, come vanno rinegoziati i project della sanità, a cominciare dall’ospedale all’Angelo di Mestre, e i derivati stipulati dalla Regione. «I soldi risparmiati andranno reinvestiti nella Smfr, la metropolitana di superficie, un progetto utile che si è completamente arenato».

La narrazione di Cappelletti – e non potrebbe essere altrimenti, sennò che si candida a fare? – è all’opposto dello storytelling di Zaia, quello del Veneto «eccellenza», in cui tutto funziona alla grande. «Se diventerò presidente, la prima cosa che farò sarà non ripetere gli errori del passato, commessi da chi ci governa da vent’anni, sempre gli stessi». Della Pedemontana si è già detto, come del Mose, «marchio d’infamia per il Veneto». Poi ci sono Veneto Banca e la Banca Popolare di Vicenza, «che hanno mandato sul lastrico 200 mila famiglie e mentre noi depositavamo in procura esposti sulla mala gestio i vertici della Regione andavano alle assemblee dei soci a dire che Bankitalia non doveva fare i controlli». I Pfas, «un inquinamento grande come il lago di Garda» e anche qui il candidato M5s rivendica gli esposti e denuncia l’inerzia di Palazzo Balbi: «Non solo non ha fatto chiudere la fabbrica ma ha perfino autorizzato la produzione di una nuova molecola, il GenX,mentre minacciava di querelare noi per procurato allarme». E ancora il consumo del suolo («Tappeti rossi ad Amazon, ma usi uno degli 11 mila capannoni vuoti sparsi sul territorio»), l’inquinamento dell’aria («Fa tre volte i morti per covid e la Regione autorizza il nuovo inceneritore di Fusina»), i posti letto tagliati in sanità (anche se qui Cappelletti riconosce che non è tutta colpa di Zaia, c’entrano pure le sforbiciate imposte da Roma) o lo sbilanciamento a favore dei privati («Ogni veneto spende all’anno 790 euro per farsi curare da loro»). Anche sull’economia Cappelletti piccona l’immagine cara alla Lega della «locomotiva», mentre accanto a lui l’ex candidato presidente del 2015, Jacopo Berti, non ricandidato perché preso dalla sua start-up, annuisce convinto: «Ormai siamo stabilmente dietro l’Emilia Romagna, sia per Pil che per reddito pro-capite». Curiosamente, fino alla domanda di una giornalista l’autonomia non viene mai citata, manco una volta: «Siamo sempre stati favorevoli – risponde Cappelletti – e se non si farà in questa legislatura sarà un fallimento per tutti. Non accetto che la Lega dica che è per colpa del Movimento se non si è realizzata: nei dieci anni che hanno governato con Forza Italia è stata colpa di Berlusconi? Perché votarono contro la riforma del Titolo V del 2001 che ora permette al Veneto di trattare con Roma? Perché Salvini non parla di autonomia al Sud, invece di proporre il Ponte sullo Stretto di Messina?». D’Incà gli dà forza: «Appena finita l’emergenza covid la trattativa riparte e si chiude». In ogni caso, nessun imbarazzo a candidarsi, in solitaria, contro il campione di quella Lega che è stata compagna di viaggio al governo: «Gli incoerenti sono loro,che si erano presentati col centrodestra e poi hanno fatto il governo con noi. Noi avevamo sempre detto d’essere disponibili ad allearci con chi avesse rispettato il nostro programma». Poi è arrivato il Papeete e si sa com’è finita.

Fonte: Corriere del Veneto del 28/06/2020 – di Marco Bonet

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Il candidato presidente Cappelletti lancia la sfida: «La Lega ha chiuso gli occhi sui disastri Pfas e banche popolari». Autonomia e Mose, il M5s dà il via libera

Da movimento di protesta a partito di governo. I grillini lanciano Enrico Cappelletti alla guida della Regione nella sfida del 20 settembre e mettono fine a tute le ambiguità su due temi centrali: autonomia e Mose. Se il Veneto non ha ancora ottenuto il federalismo differenziato a tre anni dal referendum, la colpa non è dei ministri 5 stelle del Conte 1 che hanno fatto saltare l’accordo, ma di Matteo Salvini. A dirlo senza giri di parole è l’ex senatore Cappelletti, che prenderà il posto di Jacopo Berti alla guida del M5s a palazzo Ferro Fini.

Ieri c’era tutta la squadra: Erika Baldin, Manuel Brusco e i parlamentari. «La riforma del titolo V è del 2001 e la Lega di Bossi ha persino votato contro l’articolo 116 che prevede l’autonomia differenziata, poi ha governato per dieci anni con Berlusconi e Zaia è stato ministro dell’Agricoltura dal 2008-10 e non hanno fatto un solo passo avanti. Piano con le critiche. Noi siamo in parlamento dal 2013. Il governo Conte1 ha avviato una riforma che ora è nelle mani del ministro Boccia, ma Zaia se la deve prendere con Salvini se è rimasto con un pugno di mosche in mano», ha detto Cappelletti. Il tema è stato poi ripreso dal ministro Federico D’Incà: «Basta con le polemiche e la smania di protagonismo, la legge quadro sull’autonomia differenziata è ferma sul tavolo del ministro Boccia da gennaio e non l’ha portata a Palazzo Chigi solo perché è scoppiata la pandemia Covid. Noi siamo pronti, la maggioranza è salda anche al Senato e la legislatura si concluderà nel 2023. Le contraddizioni sono tutte interne al centrodestra» dice il ministro.

In sala, i consiglieri regionali e parlamentari grillini sottolineano che dopo l’autoribaltone del Papeete a Rimini, Salvini è in caduta libera di consensi e a Palazzo Chigi il premier Conte non ha più nemici. L’altra svolta del M5s riguarda il Mose che va completato e fatto funzionare. Sia chiaro, non cambia il giudizio politico-giudiziario: Cappelletti ha ribadito che si tratta del più “grande scandalo italiano, che ha coinvolto un ex assessore e l’ex presidente della Regione Galan“. Fatta questa premessa, bisogna salvare Venezia dalle alluvioni: «Ho partecipato alle prove delle paratoie di Chioggia e il 10 luglio sarò al test generale del Mose a Venezia. È chiaro che va completato, assolutamente. Siamo al 95% dell’opera: se avessimo potuto scegliere noi, avremmo adottato un sistema idraulico più efficiente e meno costoso», sul modello Olanda, ma ormai bisogna fare in fretta, ha detto Cappelletti. Il 10 luglio in laguna ci sarà anche il ministro D’Incà che lancia però un segnale chiaro: «Bisogna completare il Mose e anche le opere complementari, ma non possiamo utilizzare l’Arsenale di Venezia per la manutenzione delle paratoie: è un monumento suggestivo e ci sono altri spazi disponibili».

Se questi sono i buoni propositi di governo, l’analisi degli ultimi vent’anni di governo della Lega e di Zaia è impietosa. Con orgoglio, Cappelletti rivendica al M5s di aver presentato per primo l’esposto in Procura a Vicenza contro la gestione di Bpvi e poi di Veneto Banca, mentre la Lega partecipava alle assemblee di bilancio e rassicurava i soci.

Discorso analogo per i Pfas: l’inquinamento grande come il lago di Garda è stato segnalato con grave ritardo e hanno persino autorizzato la produzione di Genx, altra sostanza pericolosa. Resta la Pedemontana, un salasso da 13 miliardi a causa del project financing che va rinegoziato.  Il ministro D’Incà: «Zaia? Deve moderare il protagonismo, linee guida uniformi nel Paese
Bisogna evitare la confusione tra i cittadini. I tamponi hanno indicato la strada corretta».

Fonte: Mattino di Padova del 28/06/2020 – di Albino Salmaso

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Quante ne ha viste e sentite, la saletta al primo piano dell’hotel Ambasciatori a Mestre, con la sua moquette azzurrina e le poltroncine di ottone dal velluto rosso. Era la sala delle conferenze dei partiti della Prima Repubblica e adesso, su quella stessa moquette un po’ più sbiadita, il Movimento 5 Stelle con il candidato presidente Enrico Cappelletti lancia la sfida (impossibile?) al governatore leghista del Veneto Luca Zaia: «Noi sogniamo un Veneto migliore».

L’imperativo: rinegoziare tutti i contratti di project financing, a partire dalla Superstrada Pedemontana «che costa 2,258 miliardi e non si capisce perché i veneti ne debbano pagare 13». Idem per i contratti derivati. E con i soldi risparmiati rimettere in piedi l’Sfmr, la metropolitana di superficie, «un progetto di 30 anni fa, ma che era straordinario perché consentiva di spostarsi in tutta la regione interscambiando ferro e gomma. Valeva 6 miliardi, nel 2018 Zaia l’ha messo da parte, per noi va ripreso».

GLI SCENARI

In un caldo sabato di inizio estate, peraltro il primo senza la conferenza stampa quotidiana di Zaia dalla Protezione civile di Marghera («Dopo 126 giorni di conferenze stampa io vi inviterei allo sciopero», sorride ai giornalisti il ministro pentastellato Federico D’Incà, salvo subito precisare: «Era una battuta»), l’ex senatore Enrico Cappelletti scelto come candidato presidente della Regione dal popolo grillino, dice come cercherà di fronteggiare il più amato dei governatori d’Italia. Gli scenari non sono dei migliori: il M5s che nel 2015 con il padovano Jacopo Berti arrivò terzo (11,8%) dopo la dem Alessandra Moretti (22,7%), adesso è accreditato sul 7% (e c’è chi metterebbe la firma per non scendere sotto).

Sul palco ci sono il ministro D’Incà e tre dei quattro consiglieri uscenti: il veronese Manuel Brusco, la veneziana di Chioggia Erika Baldin (che era in lizza per Palazzo Balbi e non ce l’ha fatta per pochi voti), Berti che è l’unico a non ricandidarsi («Credo nei valori del M5s, la rotazione, il fatto che non debbano esserci professionisti della politica»), assente giustificato il trevigiano Simone Scarabel. In sala i parlamentari Orietta Vanin, Giovanni Endrizzi, Barbara Guidolin. Le liste provinciali sono pronte (Cappelletti correrà anche a Treviso), di sicuro non ci saranno alleanze con delle civiche («Il nostro regolamento lo consente, ma lo abbiamo escluso»).

LA STRATEGIA

La linea di attacco del M5s, partito di governo a Roma prima con la Lega e ora con il Pd, ma di opposizione in Veneto, l’ha delineata Cappelletti. Che prima si è presentato: 52 anni (stessa età di Zaia), padovano, sposato, due figli, laureato, master a Oxford, imprenditore della certificazione green, già senatore per il M5s dal 2013 al 2018, nessun cenno al passato (due candidature per la Lega nel Padovano alle Politiche 96 e 98, un mandato in consiglio di circoscrizione, nel 2019 a Roma nello staff del viceministro Vito Crimi). La strategia comunicativa? Addossare a chi ha governato negli ultimi vent’anni – Lega, Forza Italia, tutto il centrodestra – non solo le scelte amministrative, quanto le mancate decisioni. Ad esempio, l’inquinamento atmosferico: «Non si può dire che sia colpa di Zaia se viviamo nel catino padano, ma allora non può autorizzare l’inceneritore a Fusina». E via di seguito: non aver mosso un dito contro i project financing, non aver denunciato alla Procura come invece ha fatto il M5s la «malagestio» della Banca Popolare di VicenzaNoi presentavamo gli esposti e loro difendevano il management dicendo che Bankitalia non doveva fare i controlli»), non aver chiuso la Miteni per l’inquinamento da Pfas («L’attuale processo nasce dai nostri esposti e la Regione cosa faceva? Ci minacciava»). Proposte? Riconvertire gli 11mila capannoni vuoti, riprendere l’Sfmr. Con quali risorse? Con la rinegoziazione dei project financing.
Altri temi, il Mose per la salvaguardia di Venezia: «L’ipotesi che la manutenzione si faccia all’Arsenale non sta né in cielo né in terra», dice Cappelletti, ma, parola di ministro, «i soldi per finire il Mose ci sono». E l’autonomia? «Chiedete a Salvini perché non parla di autonomia quando va al Sud e qui da noi non parla del Ponte sullo Stretto di Messina. Io sono favorevole all’autonomia, ho ancora lo stampino del referendum e la speranza che venga realizzata in questa legislatura», dice Cappelletti. Il ministro D’Incà puntualizza: «Senza il coronavirus saremmo alla prima lettura della legge quadro alla Camera. Ma il percorso verrà ripreso nei prossimi mesi. E concluso». Se così fosse, qualcuno nel centrodestra potrebbe ringraziare.

Fonte: Gazzettino del 28/06/2020 – di Alda Vanzan

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In una sala dell’hotel Ambasciatori di Mestre, l’ex senatore vicentino racconta una regione diversa da quello che il racconto del governatore leghista dispensa ogni giorno da quattro mesi nelle conferenze stampa quotidiane per l’emergenza Covid.

Vent’anni fa il Veneto non aveva ancora quel marchio di infamia che è lo scandalo Mose, e che impiegheremo generazioni a far scomparire dalla memoria delle coscienze. Vent’anni fa non avevamo ancora i project financing che andrebbero rivisti, perché ci fanno buttare milioni per opere pubbliche, se pensiamo che la Pedemontana Veneta dovrebbe costare 2 miliardi 258 milioni, ma in 39 anni porterà i veneti a sborsare 13 miliardi di euro, undici miliardi in più. Vent’anni fa avevamo due banche solide, orgoglio di questa terra, come Popolare di Vicenza e Veneto Banca, adesso ci sono 200mila persone senza risparmi e quando noi chiedevamo le inchieste, gli uomini del potere attaccavano le ispezioni della Banca d’Italia come ingerenze…”.

Comincia da qui, da questo percorso a ritroso nella memoria, il tentativo dei Cinquestelle di scalfire quella specie di monolite politico, mass-mediologico ed elettorale che Luca Zaia ha costruito attorno a sé e alla Lega. In una sala dell’hotel Ambasciatori di Mestre, l’ex senatore vicentino Enrico Cappelletti, candidato-presidente per le regionali di settembre, racconta un Veneto diverso da quello che la narrazione del governatore leghista dispensa ogni giorno da quattro mesi nelle conferenze stampa quotidiane per l’emergenza Covid.

“Ci rendiamo conto che l’amministrazione regionale è immutata, da vent’anni a governare sono sempre gli stessi?”. C’è l’atmosfera della rimpatriata di quelli che cinque anni fa erano giovani grillini alle prime armi, mentre adesso hanno alle spalle una legislatura di opposizione e sono cresciuti fino a far diventare ministro uno di loro come il bellunese Federico D’Incà, venuto a portare la sua benedizione ad una sfida difficilissima.

Cappelletti ha il merito di mettere il dito su alcune contraddizioni strutturali del sistema-Zaia. I leghisti non sono stati coinvolti nello scandalo Mose, ma erano nella giunta decapita dagli arresti nel 2014. I project-financing sono costosissimi, ma non è stato fatto niente per ridurli al ribasso. “Abbiamo presentato noi gli esposti su Popolare di Vicenza, mentre gli apici della Regione se la prendevano con Bankitalia”. Ma c’è spazio anche per l’inquinamento da Pfas dell’industria Miteni di Trissino: “Ha inquinato una falda grande come il Garda, con rischio per la salute di 200 mila cittadini, mentre le morti per patologie correlate sono 1,300 – continua Cappelletti – ma la Regione non ha voluto chiudere la fabbrica, anzi ha autorizzato la produzione di nuovi inquinanti come il GenX e ci ha minacciati di querela per averlo denunciato”.

Altro che paese dei balocchi, il Veneto ha le sue magagne a cui il potere politico ha dato il suo bel contributo, secondo i Cinquestelle. Un consumo del suolo che è il doppio della media nazionale. L’inquinamento atmosferico, che seppur non causato dalla Regione, ma dalle emissioni, dovrebbe essere ridotto dagli interventi pubblici, mentre viene autorizzato un nuovo inceneritore come quello di Fusina. La Sanità pubblica “sempre più privatizzata”. L’emergenza Covid? “Il sistema Veneto ha reagito bene, ma non dimentichiamo che il 7 marzo, dopo che Confindustria diede l’ordine, Zaia si scagliò contro il lockdown deciso da Conte, chiedendo di tenere tutto aperto. Se a Roma gli avessero dato retta, saremmo finiti come la Lombardia”.

Il miracolo economico? “Pil e reddito pro-capite sono diventati inferiori a quelli dell’Emilia Romagna e il rischio di povertà secondo l’Istat riguarda ormai il 18 per cento dei veneti”. Infine, il tormentone dell’autonomia, il totem di uno Zaia che accusa i grillini di non averla voluta. “Io voglio l’autonomia, ci credo, e spero che si faccia in questa legislatura – replica Cappelletti – Zaia pensi invece a Salvini, che di autonomia parla solo in Veneto e Lombardia, ma si guarda bene dal farlo in Sicilia o Calabria, dove va solo per sostenere il ponte di Messina. Il vero problema Zaia ce l’ha in casa, dentro la sua Lega”.

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ENRICO CAPPELLETTI, LEI È CANDIDATO ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE DEL VENETO PER IL MOVIMENTO 5 STELLE. CI DICA QUALCOSA DI LEI CHE AIUTI A CONOSCERLA PERSONALMENTE.

Sono nato a Padova 52 anni fa, mio padre era originario di Vicenza, faceva l’insegnante di giorno e studiava di notte per diventare medico: c’è l’ha fatta, così come molti in Veneto che lavorando rimboccandosi le maniche dal giorno alla notte, puntando tutto sulle proprie forze. Mi ha insegnato a non mollare, a porre valori e principi al di sopra di qualsiasi altro interesse.

Mia madre, padovana, mi ha trasmesso i valori del rispetto, dell’onestà e della famiglia. Grazie al sacrificio dei miei genitori ho potuto studiare, laurearmi e conseguire una importante specializzazione in Inghilterra, presso la prestigiosa Università di Oxford.

Professionalmente ho ricoperto per anni, anche in India, mansioni di responsabilità, dalla produzione allo sviluppo commerciale per una nota azienda e gestendo fino a 140 dipendenti di varie etnie e religioni.

Dopo un intenso impegno da professionista, non più dipendente per scelta personale, ho fondato una azienda specializzata in servizi di assistenza tecnica alle imprese. Le mie consulenze aziendali erano dirette particolarmente alle imprese del Veneto per ottenere innovative certificazioni di processi e di prodotti, per massimizzare lo sviluppo commerciale delle merci con certificazioni di eco-sostenibilità: FSC e PEFC (Forest Stuward Council e Programme for Endorsement of Forest Certification schemes), certificazioni che attestano l’origine del legno da foreste gestite secondo criteri di eco-sostenibilità.

Sono nato in veneto ed il Veneto é la regione per eccellenza delle partite iva, delle piccole e medie imprese che puntualmente, anche tra le avversità economiche ed emergenziali, si rimettono in gioco obbedendo alla propria responsabilità e coscienza. Io mi sento così, italiano e veneto nei sentimenti e nell’orgoglio.

COME NASCE ENRICO CAPPELLETTI NEL M5S E QUALI SONO I SUOI PROGRAMMI PER IL VENETO?

Nel 2013 fui candidato capolista ed eletto Senatore per il M5S, portai il mio bagaglio di esperienza professionale per metterla al servizio del Paese. Lungo sarebbe elencare gli interventi e le battaglie portate avanti in Parlamento e per la difesa del territorio. Ma permettetemi di citare due disegni di legge che depositai con orgoglio nella XVII legislatura e che divennero legge nella successiva: la sospensione dei termini di prescrizione dopo la sentenza di primo grado ed il Daspo ai corrotti, entrambi ripresi dallo “Spazzacorrotti”.

I cittadini di questa regione hanno contribuito a creare negli anni il Veneto del lavoro, dell’onestà, dell’intraprendenza, della solidarietà. Oggi però questi valori sono compromessi: è giunto veramente il momento di mettere da parte propaganda e slogan: oggi dobbiamo fare scelte coraggiose. Dobbiamo progettare i prossimi 20 anni per il Veneto e per fare questo, dobbiamo guardare a non ricommettere gli errori che hanno segnato l’amministrazione di questa Regione, amministrata da 20 anni dalle stesse persone:

  • 20 anni fa non c’era il Mose ed i project financing, non c’era Pedemontana Veneta, un’opera utile ma che a fronte di costi per poco più di 2 miliardi verrà fatta pagare ai cittadini oltre 13 miliardi in più: una cifra pari a due Mose, buttata dalla finestra.
  • 20 anni fa avevamo due Banche solide in Veneto. Ora non sono rimaste neanche le ceneri. Sono stati mandati sul lastrico 200 mila risparmiatori. Noi abbiamo presentato l’esposto dal quale sono partite le indagini, mentre qualcuno in regione difendeva il management dai controlli della Banca d’Italia: “Quello della Banca d’Italia a Veneto Banca è stato un attacco senza precedenti alla nostra identità e alla nostra autonomia”. Abbiamo visto com’è andata a finire.
  • 20 anni fa in Veneto non c’era il disastro ambientale da inquinamento da Pfas che c’è ora. Inquinamento ignorato per anni. Quando il M5S depositava esposti su esposti in Procura, la regione minacciava il M5S di querela per procurato allarme e quel che è peggio, autorizzava l’azienda inquinante a sintetizzare una nuova molecola ancor più pericolosa, il Gen-X, senza comunicare ad Arpav di provvedere alle necessarie verifiche. Il Gen-X, poi, è stato trovato regolarmente disperso nell’ambiente.
  • Il consumo di suolo è arrivato al 12,40% in Veneto, contro una media nazionale di quasi la metà. Negli ultimi due anni abbiamo glissato il record nazionale e non c’é alcuna intenzione di invertire la tendenza. Ad ogni pioggia anomala, vi sono allagamenti. Il conto dei danni è sempre impietoso.
  • E’ cresciuto a dismisura l’inquinamento atmosferico. Nonostante i gravissimi dati sulla salute e 6 capoluoghi di provincia su sette che superano i limiti stabiliti per legge, già nei primi mesi dell’anno, la Regione ha ritenuto di inaugurare questa nuova Fase 3 post Covid autorizzando un nuovo inceneritore a Fusina. Non un nuovo impianto di riciclo che, a parità di investimento, creerebbe molti più posti di lavoro e sarebbe compatibile con la salute dei cittadini.
  • 20 anni fa la Sanità in Veneto disponeva del 25% di posti letto in più. Certo hanno avuto un ruolo le politiche e i tagli nazionali, ma se in Veneto un Ospedale come quello dell’Angelo da 230 milioni è costato circa un miliardo e settecento milioni, forse una riflessione sullo sperpero di risorse, sottratte al servizio sanitario, deve essere fatta.
  • 20 anni fa il veneto era il “mitico” Nord-Est, locomotiva d’Italia. Oggi il Veneto è stato superato in termini di PIL che di reddito pro-capite da altre regioni, si pensi ad esempio dall’Emilia Romagna. Le “persone a rischio povertà ed emarginazione sociale” secondo l’Istat in Veneto sono pericolosamente salite al 18%, valore nettamente superiore alle regioni del nord e del centro Italia.

COSA VUOL DIRE PER ENRICO CAPPELLETTI IMPEGNARSI UNA REGIONE MIGLIORE?

Il mio impegno da Presidente della Regione del Veneto per il Movimento 5 Stelle è estremamente serio, in sintesi per:

  • Una Regione che dinnanzi a 11 mila capannoni vuoti, incentivi fortemente l’utilizzo delle strutture esistenti piuttosto che continuare a cementificare sul poco di suolo vergine restante. Il caso di Amazon è eclatante: porte spalancate agli investimenti, ma va fortemente incentivato l’uso o la ricostruzione dell’esistente.
  • Una Regione che prenda atto del fatto che rischia di diventare una camera a gas, deve attuare interventi straordinari per la tutela della salute ed il contenimento all’inquinamento dell’aria. Che fine ha fatto il progetto di sistema ferroviario metropolitano di superficie? È stato archiviato perché troppo costoso. Però per gettare 13 miliardi di euro in una infrastruttura come Pedemontana Veneta, che ne costa 2 miliari e 258, il denaro è magicamente a disposizione. Finanziamo il progetto con i risparmi derivanti dalle rinegoziazioni di tutti fallimentari i contratti di project sottoscritti dalla regione e con l’impugnazione dei contratti in derivati, come da recente sentenza della Cassazione.
  • Una Regione che, dopo tanti anni di smantellamento della sanità pubblica (25%), pezzetto dopo pezzetto, a favore dei privati, si ponga quale priorità la tutela della salute dei cittadini, attraverso una sanità pubblica (70% riabilitazione), con nomine dei dirigenti per merito e non per contiguità politica.
  • Una Regione che torni a considerare l’onestà quale valore, con soli candidati dalla fedina penale pulita e certificata.

UN IMPEGNO DA VERO CANDIDATO AL GOVERNO DEL VENETO, NON SARÀ UNA BATTAGLIA FACILE…

Partiamo da qui. Con il cuore, l’entusiasmo e la passione delle nostre origini a 5 Stelle. Dobbiamo e vogliamo guardare avanti, oltre la visione degli altri che è di breve periodo. Non dobbiamo più accontentarci, dobbiamo riprendere a sognare in grande. Perché un Veneto diverso non è solo possibile, è anche auspicabile.

Vogliamo portare al cuore dei Veneti la nostra visione di un Veneto migliore, non è solo un sogno è anche un impegno che assumiamo davanti ai cittadini, un impegno per:

Il lavoro, la formazione di livello, l’innovazione tecnologia, la sostenibilità e l’economia circolare, le energie alternative, l’agricoltura biologica quale fiori all’occhiello per l’offerta di prodotti, internet, la banda larga ed ultra larga per rilanciare le nostre imprese.

Non sarà per noi una battaglia facile, ma il sottoscritto candidato alla presidenza del Veneto e tutti i candidati al Consiglio Regionale ce la metteremo tutta perché questa è la regione che amiamo, la regione dove sono nati e dove cresceranno i nostri figli, una regione che, se i cittadini lo vorranno, con il M5S potrà veramente diventare una regione migliore per tutti.

Fonte: irogpress.com del 27/06/2020

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Sono Enrico Cappelletti candidato alla Presidenza della Regione del Veneto.

Sono nato a Padova 52 anni fa, mio padre era originario di Vicenza, faceva l’insegnante di giorno e studiava di notte per diventare medico: c’è l’ha fatta, così come molti in Veneto che lavorando rimboccandosi le maniche dal giorno alla notte, puntando tutto sulle proprie forze.

Mi ha insegnato a non mollare, a porre valori e principi al di sopra di qualsiasi altro interesse.

Mia madre, padovana mi ha trasmesso i valori del rispetto, dell’onestà e della famiglia. Grazie al sacrificio dei miei genitori ho potuto studiare, laurearmi e conseguire una importante specializzazione in Inghilterra, presso la prestigiosa Università di Oxford.

Professionalmente ho ricoperto per anni, anche in India, mansioni di responsabilità, dalla produzione allo sviluppo commerciale per una nota azienda e gestendo fino a 140 dipendenti di varie etnie e religioni.

Dopo un intenso impegno da professionista, non più dipendente per scelta personale, ho fondato una azienda specializzata in servizi di assistenza tecnica alle imprese. Le mie consulenze aziendali erano dirette particolarmente alle imprese del Veneto per ottenere innovative certificazioni di processi e di prodotti, per massimizzare lo sviluppo commerciale delle merci con certificazioni di eco-sostenibilità: FSC e PEFC (Forest Stuward Council e Programme for Endorsement of Forest Certification schemes), certificazioni che attestano l’origine del legno da foreste gestite secondo criteri di eco-sostenibilità.

Sono nato in veneto ed il Veneto é la regione per eccellenza delle partite iva, delle piccole e medie imprese che puntualmente, anche tra le avversità economiche e emergenziali, si rimette in gioco obbedendo alla propria responsabilità e coscienza. Io mi sento così, italiano e veneto nei sentimenti e nell’orgoglio.

Nel 2013 fui candidato capolista ed eletto Senatore per il M5S, portai il mio bagaglio di esperienza professionale per metterla al servizio del Paese. Lungo sarebbe elencare gli interventi e le battaglie portate avanti in Parlamento e per la difesa del territorio. Ma permettetemi di citare due disegni di legge che depositai con orgoglio nella XVII legislatura e che divennero legge nella successiva: la sospensione dei termini di prescrizione dopo la sentenza di primo grado ed il Daspo ai corrotti, entrambi ripresi dallo “Spazzacorrotti”.

I cittadini di questa regione hanno contribuito a creare negli anni il Veneto del lavoro, dell’onestà, dell’intraprendenza, della solidarietà. Oggi però questi valori sono compromessi: è giunto veramente il momento di mettere da parte propaganda e slogan: oggi dobbiamo fare scelte coraggiose. Dobbiamo progettare i prossimi 20 anni per il Veneto e per fare questo, dobbiamo guardare a non ricommettere gli errori che hanno segnato l’amministrazione di questa Regione, amministrata da 20 anni dalle stesse persone:

  1. 20 anni fa non c’era il Mose ed i project financing, non c’era Pedemontana Veneta, un’opera utile ma che a fronte di costi per poco più di 2 miliardi verrà fatta pagare ai cittadini oltre 13. 11 miliardi in più: una cifra pari a due Mose, buttata dalla finestra.
  2. 20 anni fa avevamo due Banche solide in Veneto. Ora non sono rimaste neanche le ceneri. Sono stati mandati sul lastrico 200 mila risparmiatori. Noi abbiamo presentato l’esposto dal quale sono partite le indagini, mentre qualcuno in regione difendeva il management dai controlli della Banca d’Italia: “Quello della Banca d’Italia a Veneto Banca è stato un attacco senza precedenti alla nostra identità e alla nostra autonomia”. Abbiamo visto com’è andata a finire.
  3. 20 anni fa in Veneto non c’era il disastro ambientale da inquinamento da Pfas che c’è ora. Inquinamento ignorato per anni.  Quando il M5S depositava esposti su esposti in Procura, la regione minacciava il M5S di querela per procurato allarme e quel che è peggio, autorizzava l’azienda inquinante a sintetizzare una nuova molecola ancor più pericolosa, il Gen-X, senza comunicare ad Arpav di provvedere alle necessarie verifiche. Il Gen-X, poi, è stato trovato regolarmente disperso nell’ambiente.    
  4. Il consumo di suolo è arrivato al 12,40% in Veneto, contro una media nazionale di quasi la metà. Negli ultimi due anni abbiamo glissato il record nazionale e non c’é alcuna intenzione di invertire la tendenza. Ad ogni pioggia anomala, vi sono allagamenti. Il conto dei danni è sempre impietoso.
  5. E’ cresciuto a dismisura l’inquinamento atmosferico. Nonostante i gravissimi dati sulla salute e 6 capoluoghi di provincia su sette che superano i limiti stabiliti per legge, già nei primi mesi dell’anno, la Regione ha ritenuto di inaugurare questa nuova Fase 3 post Covid autorizzando un nuovo inceneritore a Fusina. Non un nuovo impianto di riciclo che, a parità di investimento, creerebbe molti più posti di lavoro e sarebbe compatibile con la salute dei cittadini.
  6. 20 anni fa la Sanità in Veneto disponeva del 25% di posti letto in più. Certo hanno avuto un ruolo le politiche e i tagli nazionali, ma se in Veneto un Ospedale come quello dell’Angelo da 230 milioni viene pagato un miliardo e settecento milioni, forse una riflessione sullo sperpero di risorse, sottratte al servizio sanitario, deve essere fatta. 
  7. 20 anni fa il veneto era il “mitico” nord-est, locomotiva d’Italia. Oggi il Veneto è stato superato in termini di PIL che di reddito pro-capite da altre regioni, si pensi ad esempio dall’Emilia Romagna. Le “persone a rischio povertà ed emarginazione sociale” secondo l’Istat in Veneto sono pericolosamente salite al 18%, valore nettamente superiore alle regioni del nord e del centro Italia.

Il mio impegno da Presidente della Regione del Veneto per il Movimento 5 Stelle è per una Regione migliore:

  • Una Regione che dinnanzi a 11.000 capannoni vuoti, incentivi fortemente l’utilizzo delle strutture esistenti piuttosto che continuare a cementificare sul poco di suolo vergine restante. Il caso di Amazon è eclatante: porte spalancate agli investimenti, ma va fortemente incentivato l’uso o la ricostruzione dell’esistente.
  • Una Regione che prende atto del fatto che rischia di diventare una camera a gas, deve attuare interventi straordinari per la tutela della salute ed il contenimento all’inquinamento dell’aria. Che fine ha fatto il progetto di sistema ferroviario metropolitano di superficie? È stato archiviato perché troppo costoso. Però per gettare 13 miliardi di euro in una infrastruttura come Pedemontana Veneta, che ne costa 2,258, il denaro è magicamente a disposizione. Finanziamo il progetto con i risparmi derivanti dalle rinegoziazioni di tutti fallimentari i contratti di project sottoscritti dalla regione e con l’impugnazione dei contratti in derivati, come da recente sentenza della Cassazione.
  • Una Regione che, dopo tanti anni di smantellamento della sanità pubblica (25%), pezzetto dopo pezzetto, a favore dei privati, si ponga quale priorità la tutela della salute dei cittadini, attraverso una sanità pubblica (70% riabilitazione), con nomine dei dirigenti per merito e non per contiguità politica.
  • Una Regione che torni a considerare l’onestà quale valore, con soli candidati dalla fedina penale pulita e certificata.

Conclusioni:

Partiamo da qui. Con il cuore, l’entusiasmo e la passione delle nostre origini a 5 Stelle. Dobbiamo e vogliamo guardare avanti, oltre la visione degli altri che è di breve periodo. Non dobbiamo più accontentarci, dobbiamo riprendere a sognare in grande. Perché un Veneto diverso non è solo possibile, è anche auspicabile.

Vogliamo portare al cuore dei Veneti la nostra visione di un Veneto migliore, non è solo un sogno è anche un impegno che assumiamo davanti ai cittadini, un impegno per:

Il lavoro, la formazione di livello, l’innovazione tecnologia, la sostenibilità e l’economia circolare, le energie alternative, l’agricoltura biologica quale fiori all’occhiello per l’offerta di prodotti, internet, la banda larga ed ultra larga per rilanciare le nostre imprese.

Non sarà per noi una battaglia facile, ma il sottoscritto candidato alla presidenza del Veneto e tutti i candidati al Consiglio Regionale ce la metteremo tutta perché questa è la regione che amiamo, la regione dove sono nati e dove cresceranno i nostri figli, una regione che – se i cittadini lo vorranno – con il M5S potrà veramente diventare una regione migliore per tutti.

Enrico Cappelletti (M5S), candidato Presidente alla Regione del Veneto

UN VENETO MIGLIORE

2020, Stampa

27 Giugno 2020

Voglio un Veneto migliore”. Con queste parole, stamattina presso l’Hotel Ambasciatori di Mestre, Enrico Cappelletti ha presentato la sua candidatura alla carica di Governatore del Veneto per il Movimento 5 Stelle. Una sfida non facile avendo contro Zaia e Lorenzoni. Ma Enrico Cappelletti conta molto sul suo programma e il suo background per dare filo da torcere agli avversari.

Uniti per un Veneto migliore

Accompagnato dai consiglieri Manuel Brusco, Jacopo Berti, Erika Baldin e dal ministro Federico D’Incà, responsabile per i rapporti con il Parlamento e le Riforme nel Governo Conte bis, Cappelletti è apparso sicuro e affabile. Il primo a prendere la parola è stato Brusco. “Sono stati 5 anni in consiglio regionale duri ma che ci hanno fatto crescere. Enrico è stato sempre al nostro fianco. Appoggiandoci nelle nostre battaglie. Come squadra siamo orgogliosi di averlo come candidato”. È poi la volta di Erika Baldin “5 anni meravigliosi vissuti intensamente tra alti e bassi. Abbiamo parlato con tanti comitati e persone e confrontato con loro. Siamo diventati più forti dialogando con le persone”.

A dare il vero slancio però è un Jacopo Berti più in forma che mai. “5 anni fa ero qui anche se con altre persone ma sono contento di dimostrare che il Movimento nei cui ideali io credo fortemente ci sia anche un cambio di persone e generazione. Sono certo che non ci sia persona migliore di Enrico a cui passare il testimone. Ringrazio anche chi mi ha criticato perché mi ha fatto crescere e spero che chi ci ha dato fiducia prima continui a darcela ancora di più per cambiare questa politica veneta. Enrico ha tutte le carte in regola per portare questo vento di cambiamento”.

Il ministro

D’inca prende subito la palla al balzo da Jacopo e sottolinea i meriti e il background di Cappelletti. “Enrico è la persona giusta per questa impresa.  Ho combattuto con lui gomito a gomito. È un imprenditore. Sa cosa vuol dire lavorare e faticare. Ha sempre lavorato per migliorare il territorio Veneto. Per questo ringrazio tutti i presenti e chi l’ha indicato come candidato. Vogliamo con Enrico portare avanti un grande lavoro per far crescere il nostro territorio. Parlare del M5S significa guardare al futuro. Basta pensare alla app immuni ma anche quanto ha fatto e sta facendo il governo attraverso il Mise e con le risposte che stiamo dando ai nostri imprenditori. Deve esserci una ripartenza in tutta Italia con questo governo e tramite Enrico per la Regione Veneto. Non scordiamoci, però, che abbiamo un’altra battaglia da portare avanti. Quella sulla questione dei vitalizi. E lo faremo insieme a lui”

Enrico Cappelletti e un Veneto migliore

Ultimo a prendere la parola ma non certo per importanza proprio il candidato pentastellato. Che con calma e serietà espone il suo programma per un Veneto migliore. “Il nostro impegno in Regione serve a dare una scossa. Dobbiamo dare le indicazioni giuste per un grande cambiamento. Ormai da 20 anni siamo governati sempre dagli stessi personaggi e 20 anni fa in Veneto non avevamo quel marchio di infamia, ad esempio, del Mose. È la dimostrazione di come queste persone gettano i soldi dalla finestra senza pensare ai cittadini”

L’esempio Pedemontana

 “Ad esempio la Pedemontana che rimane un’opera utilissima, con il nuovo project financing vedrà lievitare i costi di 11 miliardi e questo ricadrà sui nostri figli. Come la questione della Banca popolare di Vicenza. Ci siamo subito schierati con i cittadini lottando contro chi nel Veneto difendeva Veneto banca e BpVi, dicendo che la Banca d’Italia non doveva fare controlli”. Enrico sposta poi il tema su una questione che gli sta molto a cuore: l’inquinamento e il rispetto ambientale. “Abbiamo fatto esposti su esposti per l’inquinamento da Pfas e mentre noi lottavamo la Regione dava l’ok a una nuova molecola che poi è stata ritrovata nelle acque e l’associazione “Medici per l’ambiente” ha rilevato oltre mille persone morte per Pfas.

Un Veneto migliore con l’ambiente

“Abbiamo approfittato del nostro territorio. Lo sfruttamento del terreno per la cementificazione ci rende vittime di frane e allagamenti. L’inquinamento atmosferico in 6 province su 7 di pm10 è sopra la media nazionale. Per carità, non dipende tutto dalla Regione ma cosa fa ora la Regione davanti a questi dati? Per inaugurare la fase 3 post covid? Apriamo un inceneritore. Questa è miopia. È volontà di non vedere la realtà”.

Il problema sanità e lavoro

“Poi c’è la sanità. Certamente di eccellenza ma piano piano si stanno destinando i fondi alla sanità privata. Vogliamo sì un’eccellenza ma pubblica. Non do tutta la colpa alla Regione perché i tagli sono stati nazionali ma si deve tutelare la sanità pubblica visto che il Veneto è la regione che spende più di tutte per quella provata. Noi eravamo la locomotiva del Nordest e ci ritroviamo adesso con altissime percentuali di lavoratori a rischio e questo è frutto degli errori commessi dai precedenti governi regionali. Avevamo un sogno che ha alimentato il nostro entusiasmo arrivando al cuore dei cittadini. Impegnandoci per l’innovazione, per i cittadini, per lo sviluppo biologico della Regione, per il lavoro. In una parola combattiamo e cambiamo insieme in meglio per un Veneto migliore!”

Fonte: ilsestentenews.it del 27/06/2020 – di Gian Nicola Pittalis

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Oggi, sabato 13 giugno, sono tornati in scena alle Zattere i No Grandi Navi, stavolta con una “famiglia allargata” che ha accolto anche i temi della residenzialità, dell’inceneritore di Fusina e della monocultura turistica nella città lagunare. Diverse le sensibilità, unico l’impegno: contrastare la speculazione, puntare a un modello di città vivibile, sostenibile, a misura di uomo e di residenti.

«Migliaia di persone oggi a Venezia per lanciare un messaggio sull’importanza della tutela di questa città che sta dicendo basta. Basta con la speculazione sul territorio, sulla salute e sulla vita delle persone», hanno detto gli attivisti. È la seconda catena umana a Venezia in questa fase post-Covid, dopo quella del primo giugno che aveva raccolto centinaia di militanti del comitato area ex gasometri e cittadini, riuniti contro la realizzazione di un residence di lusso a Castello e contro gli approdi alle Fondamente Nove per i lancioni gran turismo.“

L’inceneritore

La manifestazione di oggi è stata lanciata nei giorni scorsi anche da Opzione Zero, uno dei comitati che contrastano la realizzazione della terza linea dell’impianto del termovalorizzatore di Ecoprogetto a Fusina. Per questa opera è stato chiesto e ottenuto il parere Via (valutazione impatto ambientale) regionale.

Ma ora l’assessore all’Ambiente della Regione Veneto Gianpaolo Bottacin vuole un tavolo con il governo, e con il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, per procedere con lo step successivo: l’Aia (autorizzazione integrata ambientale). Alle Zattere c’era anche una rappresentanza del M5s, tra cui la consigliera comunale Elena La Rocca: «Dobbiamo riprendere in mano la città – ha detto – per salvaguardare la nostra salute e fare scelte ambientalmente sostenibili. Altrimenti la lasciamo nelle mani del profitto e dei privati. Stanno costruendo inceneritori invece che lavorare sulla riduzione dei rifiuti, stanno buttando giù il verde per costruire parcheggi, continuano a far passare le grandi navi, vogliono costruire alberghi. Siamo mobilitati anche come genitori sul tema dell’inquinamento ambientale, perché i nostri bambini sono i primi a subirne le conseguenze. Diciamo “no” a tutto questo».

Enrico Cappelletti, candidato presidente del Veneto per il M5s, ha commentato: «È da vent’anni che facciamo queste battaglie contro gli inceneritori, contro l’inquinamento. Vent’anni fa ad amministrare la Regione c’erano le stesse persone che ci sono adesso. Non possiamo più accettare queste cose, dobbiamo fare in modo che in questa città si investa nell’economia sostenibile».

Un modello diverso

«La catena umana da San Basilio a punta della Dogana – ha scritto Opzione Zero – vuole riaffermare ancora una volta che l’unico futuro possibile e necessario per Venezia, per il territorio metropolitano e regionale, è quello che guarda alla riconversione ecologica, al lavoro degno, alla giustizia sociale, alle relazioni solidali. Mose, grandi navi, inceneritore, Pedemontana e il fossile rappresentano nel nostro territorio quel sistema predatorio finalizzato a consolidare un blocco di potere politico, economico, finanziario senza scrupoli».

Contro l’inceneritore si è schierato ripetutamente anche il presidente della Municipalità di Marghera, Gianfranco Bettin. Contro le grandi navi il presidente della Municipalità di Venezia, Giovanni Andrea Martini. “

Fonte: veneziatoday.it del 13/06/2020