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Ad aprile, nel mezzo della pandemia, la denuncia di responsabilità della Regione Veneto nel non aver fermato l’inquinamento della Miteni da Pfas di seconda generazione era passata quasi inosservata. Siccome in due mesi e mezzo la Regione non ha risposto, il Movimento Cinquestelle è tornato all’assalto ribadendo le accuse per la gravissima alterazione delle falde, che – a partire dall’azienda di Trissino ora sotto processo – interessa almeno 300mila cittadini e quattro province venete, Vicenza, Verona, Padova e Venezia.

Nel mirino ci sono GenX e C6O4 prodotti dalla Miteni dal 2013 al 2018 e scoperti nelle acque solo due anni fa dall’Arpav. Dopo le diffide della Provincia di Vicenza, la Miteni aveva interrotto la produzione. Ma era dal 2014 che la Regione aveva rilasciata (dopo un’istruttoria di 16 mesi) l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per la lavorazione di un rifiuto pericoloso contenente GenX, che negli anni successivi sarebbe stato conferito dalla ditta olandese Chemours per un totale di 300 tonnellate. Proprio il GenX sarebbe il sostituto del Pfoa, uno dei Pfas (con numerose applicazioni industriali) che Miteni aveva terminato di produrre nel 2013. Ma Arpav aveva scoperto l’inquinamento da GenX solo nel luglio 2018, dopo che il Ministero dell’Ambiente olandese aveva invitato a verificare la lavorazione della Miteni.

Cinquestelle avevano chiesto come fosse possibile che nessuno se ne fosse accorto prima e chiedevano a che punto fosse la bonifica del sito Miteni, iniziata ormai nel 2013 e non ancora conclusa, sia per quanto riguarda la messa in sicurezza, che la caratterizzazione dell’area, ovvero l’acquisizione di dati attraverso carotaggi.

In assenza di risposte, il candidato presidente regionale, Enrico Cappelletti, ex senatore, ha convocato una nuova conferenza stampa, lanciando la sfida al governatore leghista. “Luca Zaia ha dimostrato che sul tema Pfas non vuol rispondere, come se non stessimo parlando del caso di inquinamento più grave non solo in Italia, ma in Europa, che coinvolge un’area grande come il lago di Garda. Eppure le risposte da dare ai cittadini non sono tante. A che punto è la messa in sicurezza dello stabilimento? Ci sono progetti di bonifica reali? Perché la Regione autorizzò la sintesi della molecola GenX da parte di un’industria già attenzionata, mentre erano già in atto denunce pubbliche, interrogazioni parlamentari ed esposti in Procura? Perché non è stato applicato il Piano regionale di Tutela delle Acque, che dal 2017 prevede la rimozione degli impianti potenzialmente inquinanti in vicinanza di una fonte acquifera?”.

Conclusione di Cappelletti: “C’e una responsabilità politica enorme se l’inquinamento è arrivato a questa portata.”

Il consigliere uscente Manuel Brusco ha poi rincarato: “I lavori di bonifica dell’area Miteni sono rimasti fermi a causa dell’emergenza Covid, mentre i cantieri della vicina Pedemontana Veneta non si sono interrotti. Che fine hanno fatto i 7000 carotaggi annunciati da Zaia, così come le azioni di bonifica?”.

Lo scorso maggio l’assessore all’ambiente Gianpaolo Bottacin aveva risposto che la denuncia dell’inquinamento era partita nel 2013 dalla Regione e non dai Cinquestelle, mentre dopo il fallimento della Miteni il Tribunale “ha assegnato con regolare asta pubblica l’area a un soggetto ben preciso, che ha il compito di procedere con la bonifica: noi rispettiamo il lavoro della magistratura e collaboriamo con essa”.

Sonia Perenzoni, candidata al consiglio regionale, ha definito “una barzelletta” il progetto di costruire un muro in cemento lungo 600 metri “che dovrebbe isolare le acque del torrente Poscola dai terreni inquinati: per dividere la falda dal terreno contaminato, è evidente che semmai va costruito un diaframma orizzontale, che separi le superfici”.

Mentre cominciava la conferenza stampa, il commissario per l’emergenza PfasNicola Dell’Acqua, ha diffuso un comunicato della Regione che si limita a rendere conto dei lavori per fornire di acqua pulita gli acquedotti attualmente inquinati dai Pfas. “Non vi sono ritardi rispetto al cronoprogramma” ha detto. Ma nulla ha replicato su bonifiche e acque avvelenate dai Pfas di seconda generazione.

Fonte: ilfattoquotidiano.it del 02/07/2020 – di Giuseppe Pietrobelli _ _

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In una sala dell’hotel Ambasciatori di Mestre, l’ex senatore vicentino racconta una regione diversa da quello che il racconto del governatore leghista dispensa ogni giorno da quattro mesi nelle conferenze stampa quotidiane per l’emergenza Covid.

Vent’anni fa il Veneto non aveva ancora quel marchio di infamia che è lo scandalo Mose, e che impiegheremo generazioni a far scomparire dalla memoria delle coscienze. Vent’anni fa non avevamo ancora i project financing che andrebbero rivisti, perché ci fanno buttare milioni per opere pubbliche, se pensiamo che la Pedemontana Veneta dovrebbe costare 2 miliardi 258 milioni, ma in 39 anni porterà i veneti a sborsare 13 miliardi di euro, undici miliardi in più. Vent’anni fa avevamo due banche solide, orgoglio di questa terra, come Popolare di Vicenza e Veneto Banca, adesso ci sono 200mila persone senza risparmi e quando noi chiedevamo le inchieste, gli uomini del potere attaccavano le ispezioni della Banca d’Italia come ingerenze…”.

Comincia da qui, da questo percorso a ritroso nella memoria, il tentativo dei Cinquestelle di scalfire quella specie di monolite politico, mass-mediologico ed elettorale che Luca Zaia ha costruito attorno a sé e alla Lega. In una sala dell’hotel Ambasciatori di Mestre, l’ex senatore vicentino Enrico Cappelletti, candidato-presidente per le regionali di settembre, racconta un Veneto diverso da quello che la narrazione del governatore leghista dispensa ogni giorno da quattro mesi nelle conferenze stampa quotidiane per l’emergenza Covid.

“Ci rendiamo conto che l’amministrazione regionale è immutata, da vent’anni a governare sono sempre gli stessi?”. C’è l’atmosfera della rimpatriata di quelli che cinque anni fa erano giovani grillini alle prime armi, mentre adesso hanno alle spalle una legislatura di opposizione e sono cresciuti fino a far diventare ministro uno di loro come il bellunese Federico D’Incà, venuto a portare la sua benedizione ad una sfida difficilissima.

Cappelletti ha il merito di mettere il dito su alcune contraddizioni strutturali del sistema-Zaia. I leghisti non sono stati coinvolti nello scandalo Mose, ma erano nella giunta decapita dagli arresti nel 2014. I project-financing sono costosissimi, ma non è stato fatto niente per ridurli al ribasso. “Abbiamo presentato noi gli esposti su Popolare di Vicenza, mentre gli apici della Regione se la prendevano con Bankitalia”. Ma c’è spazio anche per l’inquinamento da Pfas dell’industria Miteni di Trissino: “Ha inquinato una falda grande come il Garda, con rischio per la salute di 200 mila cittadini, mentre le morti per patologie correlate sono 1,300 – continua Cappelletti – ma la Regione non ha voluto chiudere la fabbrica, anzi ha autorizzato la produzione di nuovi inquinanti come il GenX e ci ha minacciati di querela per averlo denunciato”.

Altro che paese dei balocchi, il Veneto ha le sue magagne a cui il potere politico ha dato il suo bel contributo, secondo i Cinquestelle. Un consumo del suolo che è il doppio della media nazionale. L’inquinamento atmosferico, che seppur non causato dalla Regione, ma dalle emissioni, dovrebbe essere ridotto dagli interventi pubblici, mentre viene autorizzato un nuovo inceneritore come quello di Fusina. La Sanità pubblica “sempre più privatizzata”. L’emergenza Covid? “Il sistema Veneto ha reagito bene, ma non dimentichiamo che il 7 marzo, dopo che Confindustria diede l’ordine, Zaia si scagliò contro il lockdown deciso da Conte, chiedendo di tenere tutto aperto. Se a Roma gli avessero dato retta, saremmo finiti come la Lombardia”.

Il miracolo economico? “Pil e reddito pro-capite sono diventati inferiori a quelli dell’Emilia Romagna e il rischio di povertà secondo l’Istat riguarda ormai il 18 per cento dei veneti”. Infine, il tormentone dell’autonomia, il totem di uno Zaia che accusa i grillini di non averla voluta. “Io voglio l’autonomia, ci credo, e spero che si faccia in questa legislatura – replica Cappelletti – Zaia pensi invece a Salvini, che di autonomia parla solo in Veneto e Lombardia, ma si guarda bene dal farlo in Sicilia o Calabria, dove va solo per sostenere il ponte di Messina. Il vero problema Zaia ce l’ha in casa, dentro la sua Lega”.

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