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«Persone normali e oneste: laureati, professionisti, impiegati, anche gente che magari ha iniziato a lavorare a 15 anni. Perché in Consiglio regionale vogliamo portare la cultura del lavoro: i politici di professione o quelli che non hanno la fedina penale pulita, li lasciamo agli altri partiti». Il candidato presidente Enrico Cappelletti presenta così gli aspiranti consiglieri che affiancheranno il suo nome nella circoscrizione di Treviso alle prossime elezioni regionali. I pentastellati sono i primi tra la forze in campo ad ufficializzare i propri portacolori in corsa per palazzo Ferro Fini. Nel listino della Marca, oltre allo stesso Cappelletti (52 anni, padovano di nascita, ma da tempo residente a Crespano del Grappa, già senatore nella scorsa legislatura), saranno in sette.

IL VOLTO NOTO

Il volto più noto, non fosse altro perché consigliere regionale uscente è Simone Scarabel, originario di Maserada, ma stabilitosi ad Oderzo. Incarico istituzionale anche per Valentina Borin, consigliere al Comune di Salgareda. E poi, in ordine alfabetico, Daniela Bolzan (di Pieve di Soligo), Daniele Facco (Resana), Maurizio Mestriner (Ponzano Veneto), Rosa Poloni (Montebelluna), Gemma Savastano (Treviso). Per tutti il richiamo ai punti chiave del programma e ad alcuni temi fondanti del Movimento: l’attenzione all’ambiente, l’economia verde e le nuove tecnologie come leva di sviluppo e occupazione, la difesa di una sanità «che sta sempre più scivolando verso i privati». Unanime anche la consapevolezza che li attende una sfida improba, in un territorio in cui Luca Zaia e la Lega sono accreditati di un consenso bulgaro.

I TEMI

Ma pure la volontà di dimostrare che «al di là dell’abilità comunicativa del governatore», in Veneto non tutto funziona come dovrebbe. A partire dal simbolo Pedemontana «la cui concessione finirà per costare ai cittadini 1.500 euro al metro, contro i 350 delle autostrade», come rimarca Scarabel. Cappelletti rivendica la scelta di correre da soli («un’attestazione di coerenza, anche verso noi stessi, essendo un soggetto politico alternativo agli altri schieramenti») e l’aver rifiutato pluricandidature in più province. E guarda all’ampia platea degli astenuti: «Quasi uno su due, nella scorsa tornata, che non voterebbe Zaia neppure con la pistola alla tempia, ma, va ricordato, non si fida neppure delle opposizioni. Se riusciremo a convincere costoro, allora il risultato di queste elezioni è tutto da scrivere». A tenere a battesimo la squadra, ieri a Palazzo Rinaldi, sono arrivati la senatrice mestrina Orietta Vanin e il bellunese Federico D’Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento: «I sondaggi ci danno sfavoriti? – sottolinea quest’ultimo – Noi rispondiamo con i fatti: con l’aiuto alle 335mila partite Iva e lavoratori autonomi, con le 70mila richieste evase per risorse a fondo perduto alle nostre pmi: 272 milioni di euro per il Veneto, con gli oltre 5 miliardi di euro di liquidità per le aziende venete. Il Veneto oggi è visto come una città murata, dobbiamo tornare ad essere la locomotiva capace di trainare il paese fuori dalla palude del Covid».

Fonte: Gazzettino di Treviso del 12/07/2020 di Mattia Zanardo

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Hanno scelto un luogo simbolo della politica bellunese: il centro Giovanni XXIII di Piazza Piloni. Tutti i politici passati per Belluno si sono seduti a quel tavolo. Ieri mattina è toccato al Movimento 5 Stelle che ha avviato la campagna per le prossime elezioni regionali. A presentarsi, scortati da Enrico Cappelletti (candidato alla presidenza della Regione) e del ministro per i Rapporti con il parlamento, Federico D’Incà, il 62 enne Daniele Campedel e la 54enne Barbara Lando.

IL MINISTRO

Un’occasione per il ministro bellunese per fare il punto sull’impegno del governo per questa provincia. «Mondiali e occasioni – ha spiegato Federico D’Incà – rappresentano un’occasione mai vista prima. Qui non sono mai arrivate cifre così importanti. Permetteranno di chiudere l’elettrificazione della ferrovia per Calalzo, di mettere mano al nodo di Longarone e di intervenire sulla Primolano Feltre». D’Incà si è poi soffermato sul tema del lavoro parlando del suo impegno su Acc e Idealstandard: «Vicende che ho seguito in modo paterno. Io quando apro la finestra vedo Idealstandard e vorrrei rimanesse qui ancora a lungo. È la terza volta che ci presentiamo alle regionali. E questa volta non è come la prima volta, abbiamo dimostrato di saper governare». D’Incà ha definito Campedel e Lando due amici.

GLI ASPIRANTI CONSIGLIERI

«Sono un gnas (un agordino ndr)» ha esordito Campedel, per far capire che pur vivendo a Sedico è uomo di montagna. In passato ha organizzato serate di approfondimento, in particolare sull’ambiente. Poi l’attacco agli attuali vertici in Laguna: «Ci definiscono piagnucoloni – ha spiegato – ma siamo stati noi a portare i soldi in Veneto. Qui sono fermi 44 milioni su 49 di quelli stanziati per Vaia c’è una frazione sotto Forcella Aurine che è ancora disastrata da quel giorno. Bisogna valorizzazione l’agricolutra di montagna di investire sul futuro dei giovani». Allo stesso tavolo anche la portalettere di Santa Giustina Barbara Lando che si è soffermata su trasporti pubblici «che attualmente penalizzano anche il turismo» e sulla sanità: «Immagino – ha ribadito anche ai microfoni di Antennatre – presidi sanitari diffusi nel territorio, dopo che c’è stato lo smantellamento nella parte alta della provincia, oggi viviamo una situazione inaccettabile per essere il 2020. Servono dei piccoli pronto soccorso attrezzati anche per degli interventi. Solo così possiamo risollevare la sanità di montagna».

Fonte: Gazzettino di Belluno del 12/07/2020 _____

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La data è ancora incerta – la più gettonata è quella di domenica 20 e lunedì 21 settembre – ma la corsa per le elezioni per rinnovare il Consiglio regionale, di 51 membri, si scalda e scendono in campo altri candidati alla presidenza, come quello del Movimento 5 Stelle Enrico Cappelletti e quella di Italia Viva, il partito di Matteo Renzi, Daniela Sbrollini.

In pista per sfidare il presidente uscente Luca Zaia, leghista, alla guida di una amministrazione di centrodestra, in carica da 10 anni dopo due mandati quinquennali, ma con un prolungamento di qualche mese dovuto all’emergenza Coronavirus.

Sei per ora i candidati alla presidenza. Zaia si presenta con la liste della Lega, della Lista Zaia e una di amministratori. C’è un punto di domanda sul proseguire o meno l’alleanza con Fratelli d’Italia, anzitutto, oltre che con Forza Italia. Il leader della Lega Salvini e Zaia hanno posto la condizione della condivisione totale dell’autonomia del Veneto, ma la leader di FdI Giorgia Meloni non vuole condizioni.La battaglia contro Zaia stavolta è tanto più in salita. Anche in considerazione del fatto che la compagine governativa nazionale Pd, Movimento 5 Stelle, Leu e Italia Viva è spaccata in tre, nella corsa per il Veneto. Il Pd sostiene infatti il candidato del Veneto che vogliamo Arturo Lorenzoni, vicesindaco di Padova, con Verdi, Più Europa, Centro Democratico, Veneto Civico, Volt, Sanca Veneta e Democrazia Solidale.

Sul fronte del Movimento 5 Stelle si candida a presidente Enrico Cappelletti, 52 anni, padovano, già senatore del M5S. «Il mio impegno da presidente del Veneto per il Movimento 5 Stelle è per una Regione migliore», ha detto al lancio della sua candidatura, presenti il ministro Alessandro D’Incà, bellunese, del M5S, e Manuel Brusco, consigliere regionale del M5S, veronese, ricandidato.

«Una Regione che dinanzi a 11.000 capannoni vuoti incentivi l’utilizzo delle strutture esistenti piuttosto che continuare a cementificare sul poco di suolo vergine restante. Una Regione», ha proseguito, «che deve attuare interventi straordinari per la tutela della salute e il contenimento dell’inquinamento. Una Regione che dopo tanti anni di smantellamento della sanità pubblica (25%), pezzetto dopo pezzetto, a favore dei privati, si ponga quale priorità la tutela della salute, attraverso una sanità pubblica (70% riabilitazione), con nomine dei dirigenti per merito e non per contiguità politica».

E a Padova Italia Viva ha lanciato la candidatura a presidente della Regione della senatrice Daniela Sbrollini, 48 anni, di Latiano (Brindisi) presenti la ministra Elena Bonetti, il segretario nazionale del Psi Vincenzo Maraio, il deputato Davide Bendinelli e la consigliera regionale Orietta Salemi, ricandidata. «Siamo di fronte a una situazione che dura da 25 anni, in questa regione», ha detto la Sbrollini. «Ci sono due schieramenti conservatori che tendono a schiacciarsi su posizioni sterili e ideologiche, senza risolvere i veri problemi. La crisi dovuta al Covid-19 ha amplificato le falle in Veneto sotto l’aspetto sociale e sanitario. Le riforme strutturali oggi sono una necessità non più essere rimandabile».Altri due candidati presidenti sono Antonio Guadagnini, di Bassano del Grappa, consigliere regionale, del Partito dei Veneti, e Carlo Costantini, di Veneto Verde.

Fonte: L’Arena del 05/07/2020, di Enrico Giardini

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«L’onestà deve essere un valore in Regione: tutti i candidati dovrebbero esibire la fedina penale», così ha esordito il candidato presidente per i Cinque Stelle alle prossime elezioni“

Presentato ufficialmente la mattina di sabato 27 giugno a Mestre il candidato del Movimento 5 Stelle che sfiderà il governatore uscente Luca Zaia alle prossime elezioni regionali, in programma il prossimo 20 e 21 settembre. Si tratta di Enrico Cappelletti, imprenditore e già senatore nella passata legislatura, viene descritto come una «persona di grandissima esperienza che ha portato avanti grandi battaglie per il M5S all’interno del territorio del Veneto».

Il motto d’esordio di Cappelletti durante la presentazione a Mestre per il lancio della campagna elettorale pentastellata è stato in sintonia con gli esordi del movimento, una sorta di ritorno alle origini: «L’onestà deve essere un valore in Regione: tutti i candidati dovrebbero esibire la fedina penale», ha dichiarato Enrico Cappelletti.

Il candidato alla Regione per il M5S, durante la presentazione ufficiale, ha quindi ribaltato nel complesso la narrazione politica del presidente Zaia che dura da ormai dieci anni, all’incirca su tutti i temi più caldi: dal Mose definito da Cappelletti il «marchio d’infamia del Veneto», alla Pedemontana che «costa troppo», alla questione molto sentita delle banche venete e, ancora, il candidato del M5S ha riservato un duro attacco sulla gestione da parte della Regione Veneto del «più grande inquinamento d’Europa da Pfas».

Presente per l’occasione anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, il quale ha dichiarato: «Il Veneto oggi è una regione trainante del Paese ma che ha grandi potenzialità ancora non sfruttate, per colpa di una mancanza di visione complessiva. Noi vogliamo un Veneto aperto, proiettato verso i mercati internazionali, che abbia come valori fondanti la sostenibilità ambientale, lo scambio culturale, l’innovazione tecnologica. Tutti valori che Enrico (Cappelletti ndr) conosce bene e sui quali, sono sicuro, baserà la sua attività e la sua azione politica».

Fonte: veronasera.it del 30/06/2020

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Il candidato presidente Cappelletti lancia la sfida: «La Lega ha chiuso gli occhi sui disastri Pfas e banche popolari». Autonomia e Mose, il M5s dà il via libera

Da movimento di protesta a partito di governo. I grillini lanciano Enrico Cappelletti alla guida della Regione nella sfida del 20 settembre e mettono fine a tute le ambiguità su due temi centrali: autonomia e Mose. Se il Veneto non ha ancora ottenuto il federalismo differenziato a tre anni dal referendum, la colpa non è dei ministri 5 stelle del Conte 1 che hanno fatto saltare l’accordo, ma di Matteo Salvini. A dirlo senza giri di parole è l’ex senatore Cappelletti, che prenderà il posto di Jacopo Berti alla guida del M5s a palazzo Ferro Fini.

Ieri c’era tutta la squadra: Erika Baldin, Manuel Brusco e i parlamentari. «La riforma del titolo V è del 2001 e la Lega di Bossi ha persino votato contro l’articolo 116 che prevede l’autonomia differenziata, poi ha governato per dieci anni con Berlusconi e Zaia è stato ministro dell’Agricoltura dal 2008-10 e non hanno fatto un solo passo avanti. Piano con le critiche. Noi siamo in parlamento dal 2013. Il governo Conte1 ha avviato una riforma che ora è nelle mani del ministro Boccia, ma Zaia se la deve prendere con Salvini se è rimasto con un pugno di mosche in mano», ha detto Cappelletti. Il tema è stato poi ripreso dal ministro Federico D’Incà: «Basta con le polemiche e la smania di protagonismo, la legge quadro sull’autonomia differenziata è ferma sul tavolo del ministro Boccia da gennaio e non l’ha portata a Palazzo Chigi solo perché è scoppiata la pandemia Covid. Noi siamo pronti, la maggioranza è salda anche al Senato e la legislatura si concluderà nel 2023. Le contraddizioni sono tutte interne al centrodestra» dice il ministro.

In sala, i consiglieri regionali e parlamentari grillini sottolineano che dopo l’autoribaltone del Papeete a Rimini, Salvini è in caduta libera di consensi e a Palazzo Chigi il premier Conte non ha più nemici. L’altra svolta del M5s riguarda il Mose che va completato e fatto funzionare. Sia chiaro, non cambia il giudizio politico-giudiziario: Cappelletti ha ribadito che si tratta del più “grande scandalo italiano, che ha coinvolto un ex assessore e l’ex presidente della Regione Galan“. Fatta questa premessa, bisogna salvare Venezia dalle alluvioni: «Ho partecipato alle prove delle paratoie di Chioggia e il 10 luglio sarò al test generale del Mose a Venezia. È chiaro che va completato, assolutamente. Siamo al 95% dell’opera: se avessimo potuto scegliere noi, avremmo adottato un sistema idraulico più efficiente e meno costoso», sul modello Olanda, ma ormai bisogna fare in fretta, ha detto Cappelletti. Il 10 luglio in laguna ci sarà anche il ministro D’Incà che lancia però un segnale chiaro: «Bisogna completare il Mose e anche le opere complementari, ma non possiamo utilizzare l’Arsenale di Venezia per la manutenzione delle paratoie: è un monumento suggestivo e ci sono altri spazi disponibili».

Se questi sono i buoni propositi di governo, l’analisi degli ultimi vent’anni di governo della Lega e di Zaia è impietosa. Con orgoglio, Cappelletti rivendica al M5s di aver presentato per primo l’esposto in Procura a Vicenza contro la gestione di Bpvi e poi di Veneto Banca, mentre la Lega partecipava alle assemblee di bilancio e rassicurava i soci.

Discorso analogo per i Pfas: l’inquinamento grande come il lago di Garda è stato segnalato con grave ritardo e hanno persino autorizzato la produzione di Genx, altra sostanza pericolosa. Resta la Pedemontana, un salasso da 13 miliardi a causa del project financing che va rinegoziato.  Il ministro D’Incà: «Zaia? Deve moderare il protagonismo, linee guida uniformi nel Paese
Bisogna evitare la confusione tra i cittadini. I tamponi hanno indicato la strada corretta».

Fonte: Mattino di Padova del 28/06/2020 – di Albino Salmaso

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Quante ne ha viste e sentite, la saletta al primo piano dell’hotel Ambasciatori a Mestre, con la sua moquette azzurrina e le poltroncine di ottone dal velluto rosso. Era la sala delle conferenze dei partiti della Prima Repubblica e adesso, su quella stessa moquette un po’ più sbiadita, il Movimento 5 Stelle con il candidato presidente Enrico Cappelletti lancia la sfida (impossibile?) al governatore leghista del Veneto Luca Zaia: «Noi sogniamo un Veneto migliore».

L’imperativo: rinegoziare tutti i contratti di project financing, a partire dalla Superstrada Pedemontana «che costa 2,258 miliardi e non si capisce perché i veneti ne debbano pagare 13». Idem per i contratti derivati. E con i soldi risparmiati rimettere in piedi l’Sfmr, la metropolitana di superficie, «un progetto di 30 anni fa, ma che era straordinario perché consentiva di spostarsi in tutta la regione interscambiando ferro e gomma. Valeva 6 miliardi, nel 2018 Zaia l’ha messo da parte, per noi va ripreso».

GLI SCENARI

In un caldo sabato di inizio estate, peraltro il primo senza la conferenza stampa quotidiana di Zaia dalla Protezione civile di Marghera («Dopo 126 giorni di conferenze stampa io vi inviterei allo sciopero», sorride ai giornalisti il ministro pentastellato Federico D’Incà, salvo subito precisare: «Era una battuta»), l’ex senatore Enrico Cappelletti scelto come candidato presidente della Regione dal popolo grillino, dice come cercherà di fronteggiare il più amato dei governatori d’Italia. Gli scenari non sono dei migliori: il M5s che nel 2015 con il padovano Jacopo Berti arrivò terzo (11,8%) dopo la dem Alessandra Moretti (22,7%), adesso è accreditato sul 7% (e c’è chi metterebbe la firma per non scendere sotto).

Sul palco ci sono il ministro D’Incà e tre dei quattro consiglieri uscenti: il veronese Manuel Brusco, la veneziana di Chioggia Erika Baldin (che era in lizza per Palazzo Balbi e non ce l’ha fatta per pochi voti), Berti che è l’unico a non ricandidarsi («Credo nei valori del M5s, la rotazione, il fatto che non debbano esserci professionisti della politica»), assente giustificato il trevigiano Simone Scarabel. In sala i parlamentari Orietta Vanin, Giovanni Endrizzi, Barbara Guidolin. Le liste provinciali sono pronte (Cappelletti correrà anche a Treviso), di sicuro non ci saranno alleanze con delle civiche («Il nostro regolamento lo consente, ma lo abbiamo escluso»).

LA STRATEGIA

La linea di attacco del M5s, partito di governo a Roma prima con la Lega e ora con il Pd, ma di opposizione in Veneto, l’ha delineata Cappelletti. Che prima si è presentato: 52 anni (stessa età di Zaia), padovano, sposato, due figli, laureato, master a Oxford, imprenditore della certificazione green, già senatore per il M5s dal 2013 al 2018, nessun cenno al passato (due candidature per la Lega nel Padovano alle Politiche 96 e 98, un mandato in consiglio di circoscrizione, nel 2019 a Roma nello staff del viceministro Vito Crimi). La strategia comunicativa? Addossare a chi ha governato negli ultimi vent’anni – Lega, Forza Italia, tutto il centrodestra – non solo le scelte amministrative, quanto le mancate decisioni. Ad esempio, l’inquinamento atmosferico: «Non si può dire che sia colpa di Zaia se viviamo nel catino padano, ma allora non può autorizzare l’inceneritore a Fusina». E via di seguito: non aver mosso un dito contro i project financing, non aver denunciato alla Procura come invece ha fatto il M5s la «malagestio» della Banca Popolare di VicenzaNoi presentavamo gli esposti e loro difendevano il management dicendo che Bankitalia non doveva fare i controlli»), non aver chiuso la Miteni per l’inquinamento da Pfas («L’attuale processo nasce dai nostri esposti e la Regione cosa faceva? Ci minacciava»). Proposte? Riconvertire gli 11mila capannoni vuoti, riprendere l’Sfmr. Con quali risorse? Con la rinegoziazione dei project financing.
Altri temi, il Mose per la salvaguardia di Venezia: «L’ipotesi che la manutenzione si faccia all’Arsenale non sta né in cielo né in terra», dice Cappelletti, ma, parola di ministro, «i soldi per finire il Mose ci sono». E l’autonomia? «Chiedete a Salvini perché non parla di autonomia quando va al Sud e qui da noi non parla del Ponte sullo Stretto di Messina. Io sono favorevole all’autonomia, ho ancora lo stampino del referendum e la speranza che venga realizzata in questa legislatura», dice Cappelletti. Il ministro D’Incà puntualizza: «Senza il coronavirus saremmo alla prima lettura della legge quadro alla Camera. Ma il percorso verrà ripreso nei prossimi mesi. E concluso». Se così fosse, qualcuno nel centrodestra potrebbe ringraziare.

Fonte: Gazzettino del 28/06/2020 – di Alda Vanzan

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In una sala dell’hotel Ambasciatori di Mestre, l’ex senatore vicentino racconta una regione diversa da quello che il racconto del governatore leghista dispensa ogni giorno da quattro mesi nelle conferenze stampa quotidiane per l’emergenza Covid.

Vent’anni fa il Veneto non aveva ancora quel marchio di infamia che è lo scandalo Mose, e che impiegheremo generazioni a far scomparire dalla memoria delle coscienze. Vent’anni fa non avevamo ancora i project financing che andrebbero rivisti, perché ci fanno buttare milioni per opere pubbliche, se pensiamo che la Pedemontana Veneta dovrebbe costare 2 miliardi 258 milioni, ma in 39 anni porterà i veneti a sborsare 13 miliardi di euro, undici miliardi in più. Vent’anni fa avevamo due banche solide, orgoglio di questa terra, come Popolare di Vicenza e Veneto Banca, adesso ci sono 200mila persone senza risparmi e quando noi chiedevamo le inchieste, gli uomini del potere attaccavano le ispezioni della Banca d’Italia come ingerenze…”.

Comincia da qui, da questo percorso a ritroso nella memoria, il tentativo dei Cinquestelle di scalfire quella specie di monolite politico, mass-mediologico ed elettorale che Luca Zaia ha costruito attorno a sé e alla Lega. In una sala dell’hotel Ambasciatori di Mestre, l’ex senatore vicentino Enrico Cappelletti, candidato-presidente per le regionali di settembre, racconta un Veneto diverso da quello che la narrazione del governatore leghista dispensa ogni giorno da quattro mesi nelle conferenze stampa quotidiane per l’emergenza Covid.

“Ci rendiamo conto che l’amministrazione regionale è immutata, da vent’anni a governare sono sempre gli stessi?”. C’è l’atmosfera della rimpatriata di quelli che cinque anni fa erano giovani grillini alle prime armi, mentre adesso hanno alle spalle una legislatura di opposizione e sono cresciuti fino a far diventare ministro uno di loro come il bellunese Federico D’Incà, venuto a portare la sua benedizione ad una sfida difficilissima.

Cappelletti ha il merito di mettere il dito su alcune contraddizioni strutturali del sistema-Zaia. I leghisti non sono stati coinvolti nello scandalo Mose, ma erano nella giunta decapita dagli arresti nel 2014. I project-financing sono costosissimi, ma non è stato fatto niente per ridurli al ribasso. “Abbiamo presentato noi gli esposti su Popolare di Vicenza, mentre gli apici della Regione se la prendevano con Bankitalia”. Ma c’è spazio anche per l’inquinamento da Pfas dell’industria Miteni di Trissino: “Ha inquinato una falda grande come il Garda, con rischio per la salute di 200 mila cittadini, mentre le morti per patologie correlate sono 1,300 – continua Cappelletti – ma la Regione non ha voluto chiudere la fabbrica, anzi ha autorizzato la produzione di nuovi inquinanti come il GenX e ci ha minacciati di querela per averlo denunciato”.

Altro che paese dei balocchi, il Veneto ha le sue magagne a cui il potere politico ha dato il suo bel contributo, secondo i Cinquestelle. Un consumo del suolo che è il doppio della media nazionale. L’inquinamento atmosferico, che seppur non causato dalla Regione, ma dalle emissioni, dovrebbe essere ridotto dagli interventi pubblici, mentre viene autorizzato un nuovo inceneritore come quello di Fusina. La Sanità pubblica “sempre più privatizzata”. L’emergenza Covid? “Il sistema Veneto ha reagito bene, ma non dimentichiamo che il 7 marzo, dopo che Confindustria diede l’ordine, Zaia si scagliò contro il lockdown deciso da Conte, chiedendo di tenere tutto aperto. Se a Roma gli avessero dato retta, saremmo finiti come la Lombardia”.

Il miracolo economico? “Pil e reddito pro-capite sono diventati inferiori a quelli dell’Emilia Romagna e il rischio di povertà secondo l’Istat riguarda ormai il 18 per cento dei veneti”. Infine, il tormentone dell’autonomia, il totem di uno Zaia che accusa i grillini di non averla voluta. “Io voglio l’autonomia, ci credo, e spero che si faccia in questa legislatura – replica Cappelletti – Zaia pensi invece a Salvini, che di autonomia parla solo in Veneto e Lombardia, ma si guarda bene dal farlo in Sicilia o Calabria, dove va solo per sostenere il ponte di Messina. Il vero problema Zaia ce l’ha in casa, dentro la sua Lega”.

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UN VENETO MIGLIORE

2020, Stampa

27 Giugno 2020

Voglio un Veneto migliore”. Con queste parole, stamattina presso l’Hotel Ambasciatori di Mestre, Enrico Cappelletti ha presentato la sua candidatura alla carica di Governatore del Veneto per il Movimento 5 Stelle. Una sfida non facile avendo contro Zaia e Lorenzoni. Ma Enrico Cappelletti conta molto sul suo programma e il suo background per dare filo da torcere agli avversari.

Uniti per un Veneto migliore

Accompagnato dai consiglieri Manuel Brusco, Jacopo Berti, Erika Baldin e dal ministro Federico D’Incà, responsabile per i rapporti con il Parlamento e le Riforme nel Governo Conte bis, Cappelletti è apparso sicuro e affabile. Il primo a prendere la parola è stato Brusco. “Sono stati 5 anni in consiglio regionale duri ma che ci hanno fatto crescere. Enrico è stato sempre al nostro fianco. Appoggiandoci nelle nostre battaglie. Come squadra siamo orgogliosi di averlo come candidato”. È poi la volta di Erika Baldin “5 anni meravigliosi vissuti intensamente tra alti e bassi. Abbiamo parlato con tanti comitati e persone e confrontato con loro. Siamo diventati più forti dialogando con le persone”.

A dare il vero slancio però è un Jacopo Berti più in forma che mai. “5 anni fa ero qui anche se con altre persone ma sono contento di dimostrare che il Movimento nei cui ideali io credo fortemente ci sia anche un cambio di persone e generazione. Sono certo che non ci sia persona migliore di Enrico a cui passare il testimone. Ringrazio anche chi mi ha criticato perché mi ha fatto crescere e spero che chi ci ha dato fiducia prima continui a darcela ancora di più per cambiare questa politica veneta. Enrico ha tutte le carte in regola per portare questo vento di cambiamento”.

Il ministro

D’inca prende subito la palla al balzo da Jacopo e sottolinea i meriti e il background di Cappelletti. “Enrico è la persona giusta per questa impresa.  Ho combattuto con lui gomito a gomito. È un imprenditore. Sa cosa vuol dire lavorare e faticare. Ha sempre lavorato per migliorare il territorio Veneto. Per questo ringrazio tutti i presenti e chi l’ha indicato come candidato. Vogliamo con Enrico portare avanti un grande lavoro per far crescere il nostro territorio. Parlare del M5S significa guardare al futuro. Basta pensare alla app immuni ma anche quanto ha fatto e sta facendo il governo attraverso il Mise e con le risposte che stiamo dando ai nostri imprenditori. Deve esserci una ripartenza in tutta Italia con questo governo e tramite Enrico per la Regione Veneto. Non scordiamoci, però, che abbiamo un’altra battaglia da portare avanti. Quella sulla questione dei vitalizi. E lo faremo insieme a lui”

Enrico Cappelletti e un Veneto migliore

Ultimo a prendere la parola ma non certo per importanza proprio il candidato pentastellato. Che con calma e serietà espone il suo programma per un Veneto migliore. “Il nostro impegno in Regione serve a dare una scossa. Dobbiamo dare le indicazioni giuste per un grande cambiamento. Ormai da 20 anni siamo governati sempre dagli stessi personaggi e 20 anni fa in Veneto non avevamo quel marchio di infamia, ad esempio, del Mose. È la dimostrazione di come queste persone gettano i soldi dalla finestra senza pensare ai cittadini”

L’esempio Pedemontana

 “Ad esempio la Pedemontana che rimane un’opera utilissima, con il nuovo project financing vedrà lievitare i costi di 11 miliardi e questo ricadrà sui nostri figli. Come la questione della Banca popolare di Vicenza. Ci siamo subito schierati con i cittadini lottando contro chi nel Veneto difendeva Veneto banca e BpVi, dicendo che la Banca d’Italia non doveva fare controlli”. Enrico sposta poi il tema su una questione che gli sta molto a cuore: l’inquinamento e il rispetto ambientale. “Abbiamo fatto esposti su esposti per l’inquinamento da Pfas e mentre noi lottavamo la Regione dava l’ok a una nuova molecola che poi è stata ritrovata nelle acque e l’associazione “Medici per l’ambiente” ha rilevato oltre mille persone morte per Pfas.

Un Veneto migliore con l’ambiente

“Abbiamo approfittato del nostro territorio. Lo sfruttamento del terreno per la cementificazione ci rende vittime di frane e allagamenti. L’inquinamento atmosferico in 6 province su 7 di pm10 è sopra la media nazionale. Per carità, non dipende tutto dalla Regione ma cosa fa ora la Regione davanti a questi dati? Per inaugurare la fase 3 post covid? Apriamo un inceneritore. Questa è miopia. È volontà di non vedere la realtà”.

Il problema sanità e lavoro

“Poi c’è la sanità. Certamente di eccellenza ma piano piano si stanno destinando i fondi alla sanità privata. Vogliamo sì un’eccellenza ma pubblica. Non do tutta la colpa alla Regione perché i tagli sono stati nazionali ma si deve tutelare la sanità pubblica visto che il Veneto è la regione che spende più di tutte per quella provata. Noi eravamo la locomotiva del Nordest e ci ritroviamo adesso con altissime percentuali di lavoratori a rischio e questo è frutto degli errori commessi dai precedenti governi regionali. Avevamo un sogno che ha alimentato il nostro entusiasmo arrivando al cuore dei cittadini. Impegnandoci per l’innovazione, per i cittadini, per lo sviluppo biologico della Regione, per il lavoro. In una parola combattiamo e cambiamo insieme in meglio per un Veneto migliore!”

Fonte: ilsestentenews.it del 27/06/2020 – di Gian Nicola Pittalis

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